Testo e foto di Daniela Capoferri

Non mi avevano detto che la povertà avrebbe avuto il gusto della polvere e la consistenza della sabbia sotto i denti. Sabbia rossa

Non mi avevano che sarei stata in quel Paese in cui dopo due anni di governo ad interim 4 milioni di persone sarebbero state chiamate a votare ma che avrei scoperto come i risultati delle elezioni solo attraverso i giornali perché le regole di sicurezza non mi avrebbero permesso di uscire.

Non mi avevano detto che la solitudine sarebbe stata la mia fedele compagna, più fedele di qualsiasi amore.

Non mi avevano detto che avrei preferito il Lunedì alla Domenica, la routine alla giornata libera. Non mi avevano detto che la routine mi avrebbe fatto cosi piacere in un paese in cui  giornata libera non è sinonimo di libertà ma porta con sé solo il rischio di perdersi in pensieri tristi, tanto tristi da togliere il fiato.

Non mi avevano detto che le stesse persone che soffrono la mia mancanza sarebbero state quelle più orgogliose di me.

Non mi avevano detto che mi sarei abituata agli spari senza davvero abituarsi mai.

Non mi avevano detto che la voglia di fare una passeggiata sarebbe stato il primo pensiero del nuovo anno.

Non mi avevano detto che avrei perso peso e che di notte avrei sognato insaccati e pesto, assieme.

Non mi avevano detto che non avrei potuto fare una doccia tutti i giorni ma solo quando arriva l’acqua corrente.

Non mi avevano detto che sarebbero state le piccole cose a mancarmi, quelle tanto scontante da essere dimenticate:  un materasso che non sia di gomma piuma, l’acqua calda, una passeggiata per strada, il cinema il mercoledì sera, la serata con le amiche, il week end fuori porta. La possibilità di poter decidere, all’ultimo, cosa fare, dove andare e con chi senza chiedere il permesso a nessuno. *

Non mi avevano detto che i carri armati sarebbero stati numerosi quanto le auto delle ONG.

Non mi avevano detto che l’amore della vita sarebbe mancato tanto da fare male, più male che altrove.

Non mi avevano detto che non sempre prevenire è meglio che curare, se la bestia da combattere è la malaria.

Non mi avevano detto che avrei temuto l’insonnia, io che potrei addormentarmi ovunque.

Non mi avevano detto che COOPI, la mia ong, sarebbe diventato il mio cognome in Centrafrica. “Enchantée, Daniela, COOPI”.

Non mi avevano detto che avrei visto il cielo più stellato di sempre e che la luna mi sarebbe sembrata esageratamente grande.

Non mi avevano detto che avrei scritto di bambini soldato o di incendi ai campi profughi con un groppo alla gola tale da togliere il fiato.

Non mi avevano detto che mi sarei sentita bene senza trovare le parole per descriverlo, a me che le parole non mancano quasi mai.

Non mi avevano detto che ricordare tutte le cose che non mi avevano detto sarebbe stato così semplice ma che pensare di lasciare questo posto non lo sarebbe stato altrettanto.

Non mi avevano detto perché non ci avei creduto.

*In RCA nessun espatriato si muove liberamente. I luoghi consentiti si contano sulle dita di una mano e sono ordinati a seconda del livello di rischio. Prima di ogni spostamento, che avviene sempre con l’autista con un veicolo della ONG (cinture allacciate, porte bloccate), è necessario avvisare il Responsabile dells Sicurezza. E’ lui a stabilire se possiamo uscire o meno. Il coprifuoco della ONG stabilisce l’ora di rientro. A noi sta organizzarci in modo che l’auto a disposizione possa venirci a recuperare prima dell’ora X. Al momento rientriamo alle 20.30, due mesi fa rientravamo alle 18.30. L’orario è stabilio settimanalmente a seconda del numero degli incidenti ed è a discrezione di ogni ONG purché non vada oltre il coprifuoco statale che questa settimana è alle 22. I luoghi ammessi sono così pochi che dopo due mesi ci si conosce quasi tutti, almeno di vista. Solitamente sono carissimi e frequentati solo da espatriati.

 Daniela Capoferri, Classe ’88, antropologa di formazione, provo a raccontare il bene per passione. Seguo la comunicazione in Centrafrica per l’organizzazione umanitaria Coopi e faccio parte di quelli che non smettono di crederci.
Amo l’africa e gli gnocchi al pesto, in egual misura, ma di solito quando ho l’uno non ho l’altro.