Testo e foto di Sebastiano Alessio Delre e Giuseppe Errico

“Dai, venite a Milano e poi torniamo insieme a Mola in bicicletta, ve lo organizzo io il percorso!”.
E’ la frase che puntualmente, ogni estate, Alessio, “emigrato” al nord, ripeteva sempre ai suoi amici del Sud, per convincerli a partecipare a quest’avventura o forse (come hanno spesso pensato i suoi amici) per evitare di pagare il biglietto aereo per il ritorno a casa durante le vacanze estive. 

Il progetto, puntualmente, naufragava nel nulla, finché, ad inizio 2017, qualcosa sembra finalmente iniziare a muoversi.
“Ok, facciamo un viaggio in bicicletta ma il percorso lo decido io!” è la condizione che Giuseppe detta ad Alessio.
Ed è così, che giorno dopo giorno, trattativa su trattativa, ha preso forma il nostro primo viaggio in bicicletta. Dove?
“Ok, decidiamo insieme il percorso ma io non vado più in là del Molise, il Nord non esiste” ripete Giuseppe, convinto “sudista”, “Tu non sai che ti perdi” ribatte Alessio, inviando su whatsapp foto di laghi della provincia milanese che ottengono però l’effetto contrario, convincendo ancor di più Giuseppe a non superare il confine immaginario che va più o meno da Termoli a Terracina.
E’ nato così “Sud Coast to Coast” #SudCoastToCoast, un viaggio, un’avventura in bicicletta che abbiamo intrapreso a luglio del 2017. Ci siamo ritrovati a Salerno e abbiamo pedalato fino a casa, in quel di Mola di Bari, attraversando il Cilento, la Basilicata e le Murge!
Non conoscevamo bene il percorso, non sapevamo bene quanti e quali paesini avremmo attraversato e soprattutto non sapevamo assolutamente dove avremmo dormito e mangiato.
Raccontare un viaggio non è una cosa semplice, perché significa raccontare una serie di emozioni ed esperienze personali che variano e non di poco in base agli occhi del viaggiatore.  Raccontare il nostro viaggio poi, è una cosa ancor più complicata e forse leggendo la nostra avventura riuscirete a capirne il motivo.
Noi abbiamo provato a raccontarvelo, buona lettura.

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LA PARTENZA

Finalmente siamo pronti per partire. Abbiamo pensato a questo viaggio da Natale. Oggi è una domenica di fine luglio e mentre Alessio è pronto a partire da Milano, dove fa un caldo bestiale, Giuseppe è andato in bici all’alba in stazione a Mola di Bari. Abbiamo preparato tutto: la bici di Alessio, smontata ed imballata perché viaggerà su un frecciarossa, mentre la bici di Giuseppe si farà tutto il viaggio appesa (bagagli compresi) nel vagone biciclette dei treni regionali. Pochi strumenti per il cambio gomme in caso di foratura, portaborse posteriori da montare al sellino, borse antipioggia, t-shirt, pantaloncini, mutande, costume da bagno, calzini, k-way, spazzolini, dentifricio, portafogli, il nostro diario ed una cartina geografica del Sud Italia, comprata in extremis dall’edicola della stazione di Bari, perché va bene google maps ma una cartina geografica vecchio stile (ed anche poco aggiornata) non può mancare in questo viaggio.  Siamo pronti, si parte per davvero.

Il treno da Milano parte alle 8.17 da Porta Garibaldi. Arriva alla stazione di Salerno alle 14.05. Dopo soli dieci minuti ecco anche Giuseppe. Anche lui è partito stamattina, però alle 5.17, con il regionale e poi ha cambiato treno a Bari e Taranto. Insomma, Milano-Salerno si fa in cinque ore e mezza senza cambi; invece da Mola a Salerno ce ne vogliono otto e mezza, con due cambi. Ma bene, adesso siamo qui. Il nostro “Sud: Coast to Coast 2017” può finalmente avere inizio. Attraverseremo il sud Italia, da Salerno a Mola di Bari, pedalando. Andremo alla ricerca di luoghi, persone e profumi lontani, in parte dimenticati, unendo la nostra grande passione per la bicicletta con la scoperta del territorio. Sarà un viaggio lento e faticoso dal Tirreno all’Adriatico. Dedicheremo questo viaggio a noi stessi e al nostro cammino, lontano dalla nostra vita di tutti i giorni, in viaggio.

LA COSTA DA SALERNO A PAESTUM E LA PIANA DEL SELE

 Il tempo di caricare le borse sulla bici e siamo in sella. Pedaliamo da Salerno a Battipaglia e poi da Battipaglia a Paestum. Attraversiamo la foce del Sele. Questa è la prima grande esperienza del nostro viaggio. Incontriamo un paesaggio consumato. Qui l’agricoltura è di tipo iper-intensivo, con coltivazioni in serra che oggi interessano seimila ettari di terreno, su un comprensorio di circa sedicimila ettari totali. Il resto è cemento e asfalto. Si coltiva tutto l’anno. Ci sono grandi piantagioni di fragole, pesche, meloni, angurie e kiwi. L’utilizzo sempre più diffuso delle serre, oltre a determinare l’uso di sostanze tossiche, favorisce il consumo di frutta e ortaggi lontano dalla stagionalità dei prodotti. Le serre non finiscono mai, sono tutte uguali e bianchissime. I sistemi d’irrigazione sono organizzati e modernissimi. Pedaliamo sotto il sole. Incontriamo tantissimi ragazzi neri. Camminano da soli o in coppia. Hanno tutti un viso stanco e sudato ma non hanno paura del caldo. Nella piana del Sele il lavoro viene svolto soprattutto dalle braccia degli immigrati illegali. Marina d’Eboli sembra Pointe Noire, in Congo. Secondo recenti stime, nelle aziende agricole medio-piccole ci lavorano cinquemila africani, praticamente tutti illegali. Alcuni dicono che gli immigrati sono molti di più. I salari sono molto bassi e la giornata di lavoro comincia all’alba e termina al tramonto, senza alcuna giornata di riposo. Gli immigrati vivono in baracche e case di fortuna, in condizioni disumane. Grazie a questa manodopera illegale, vengono generati notevoli profitti.
Pedaliamo senza fermarci fino a Paestum e dopo una breve visita agli scavi, torniamo indietro per circa cinque chilometri fino a Capaccio scalo, svoltiamo a destra ed imbocchiamo la SS166. Salutiamo la costa. Comincia il nostro viaggio verso i monti del Cilento. Gli otto tornanti che precedono Roccadaspide ci ricordano che non sarà un viaggio facile. Ci sarà poca pianura. Le biciclette sono pesanti e fa davvero troppo caldo. Pedaliamo piano. Roccadaspide non è lontano, arriveremo.

IL CILENTO: ROCCADASPIDE E LE GOLE DEL CALORE A FELITTO

 In pochi chilometri il paesaggio cambia totalmente. In questa zona del parco del Cilento le strade sono strette e tortuose. Ci sono boschi e castagni. Ci sono anche tanti mandorli e qualche albero di carrube. C’è poca gente in giro, sono tutti italiani. Arriviamo a Roccadaspide nel pomeriggio. Non c’è nessuno in giro. A Roccadaspide non c’è acqua. Il barista dell’unico bar aperto ci dice che l’acqua è razionalizzata. Significa che a partire dalle 13.00 non c’è acqua. “L’acqua è chiusa. Qui non c’è acqua. Non piove da sei mesi.” Siamo a soli venti chilometri dalla foce del Sele. Compriamo quattro bottiglie di acqua fresca, ricarichiamo le borracce, mangiamo qualcosa e ripartiamo.

A Felitto cerchiamo le “Gole del Calore”. Si tratta di un canyon composto da ben cinque incisioni scavate nella roccia dalle acque correnti del fiume Calore Lucano. E’ uno dei paesaggi più incantevoli che si possono ammirare in Campania. Le Gole costituiscono un paesaggio ancora integro nella sua selvaggia bellezza. Sono 120 ettari di terreno protetto, dal ponte medievale situato a valle di Felitto fino ai confini con il territorio di Magliano. Facciamo un bagno rigenerante. L’acqua è meravigliosa e ci ridà la forza dopo tanto caldo e tanto pedalare.

 Poi, a Felitto, ci fermiamo al bar. C’è solo un tavolo di plastica con quattro pensionati che giocano a tre-sette e qualche altro che osserva la partita. Chiediamo qualche informazione sulla zona e tutti ci danno indicazioni. Dopo dieci minuti altri pensionati, tutti maschi, si avvicinano lentamente, incuriositi. Presto si forma un capannello di vecchietti che chiacchierano con noi. Tutti ci dicono più o meno le stessa cose: “I giovani vanno via e nascono pochi bambini”; “La popolazione è troppo anziana ormai”; “Ormai qui c’è poca gente”; “E chi la vuole coltivare più questa terra?”; “Io lavoro il fondo mio ma solo per sfizio. Quando il sole non fa male, io lavoro un poco l’orto. Giusto due cucuzze, pomodori e un meloncino”; “Io faccio un poco di olio per me e mio figlio che sta in Germania, almeno so che è robba mia genuina”; “Tiriamo avanti, qui nessuno ha più voglia di lavorare, noi siamo vecchi”.

Pernottiamo in un agriturismo biologico, nascosto fra le stradine di campagna fra Felitto e Roscigno. Ci ospitano Rosa e Giuseppe che ci accolgono come figli. Dopo cena, Giuseppe ci invita in veranda ad ammirare il panorama. Ci dice che a Felitto lo scorso anno sono nati quattro bambini e sono morti circa trentacinque anziani. “Se continua così, fra vent’anni qui non ci sarà più nessuno. Il turismo ci aiuta a tirare avanti ma non basta. Dobbiamo inventarci qualcosa.” E’ una serata ancora calda. Siamo tra i boschi del Cilento, poca luce e sopra di noi un cielo stellato incredibilmente luminoso.  Vediamo in lontananza qualche focolaio. In questo periodo ci sono tanti incendi, piccoli e grandi. “La nostra è una terra di piccoli proprietari terrieri ma nessuno vuole più coltivare la terra. Solo pochi anziani continuano a lavorare in campagna. A volte, per pulire il proprio terreno, qualcuno accende il fuoco. Ma il fuoco è pericoloso, spesso divampa e a volte non lo puoi controllare.”

Siamo via da un solo giorno e sembra passato un anno. E’ stata una giornata lunghissima. Salutiamo Rosa e Giuseppe e andiamo a letto. E’ tardi, siamo davvero stanchi e forse non avremo neanche la forza per ripercorrere con il pensiero tutta questa giornata. Magari lo faremo domani, pedalando.

ROSCIGNO VECCHIA E GIUSEPPE SPAGNUOLO

 L’indomani riprendiamo il nostro viaggio alle nove del mattino. Per evitare il caldo bisognerebbe partire alle sei del mattino. Ma ovviamente noi di svegliarci all’alba non ci pensiamo proprio. Arriviamo a Roscigno alle 10.30.
Siamo un bagno di sudore e siamo già stanchissimi.
Io mi fermo al bar. Invece Giuseppe è già scomparso.
E’ andato a Roscigno Vecchia. E ha fatto già conoscenza con Giuseppe Spagnuolo, l’ultimo abitante di Roscigno Vecchia, paese abbandonato nel Cilento.
Giuseppe Spagnuolo ci accoglie con un sorriso e ci accompagna come un Cicerone tra le strade deserte e ricche di storia. Ci presenta e ci spiega i reperti del piccolo museo di civiltà contadina. Roscigno Vecchia è oggi uno dei più particolari borghi fantasma grazie alla sua architettura rurale, costituita da case basse in pietra, vicoletti e una piazza centrale, Piazza Nicotera, dove sono ancora più che visibili i resti della chiesa principale. Durante il corso degli anni tutti i suoi abitanti si sono forzatamente spostati nella zona nuova a causa delle numerose frane ed alluvioni che hanno da sempre devastato il paese. Visitare Roscigno Vecchia, definita la “Pompei del 900”, è sicuramente un’esperienza: è un percorso attraverso la storia e la memoria di un’Italia rurale ormai dimenticata, e che proprio per questo esercita un fascino impareggiabile su numerosi turisti, fotografi e curiosi che arrivano fin qui, da tutto il mondo, per vedere con i propri occhi uno dei più suggestivi borghi fantasma d’Italia. 

Dopo questa incredibile esperienza, riprendiamo il nostro viaggio nel pomeriggio. Fatichiamo non poco per raggiungere il Passo della Sentinella, a circa 1100 metri sul livello del mare. Poi la strada comincia a scendere, fino a San Rufo, e continua in discesa fino ad Atena Lucana. Il panorama della discesa è da mozzafiato, non fa più caldo e la sensazione del vento fresco sulla faccia è bellissima. Facciamo la discesa tutta di un fiato. Ciao, Cilento. Siamo già in Basilicata.

( … la storia prosegue la prossima settimana con la tappa lucana)