Testo e foto di Tommaso Chimenti

Il ferro battuto e dietro vetri a specchio a tuffarsi nell’acqua bassa. Renzo Piano ci ha visto lungo. Come sempre. L’impatto del Muse è forte, in mezzo al prato verde sorgono questi tre spuntoni che sembrano cime di montagna che fanno rima con quelle vere che le attorniano. I dinosauri c’erano prima di noi e sembravano indistruttibili, giganteschi, mastodontici e si sono estinti. Dovrebbe essere da monito per la razza umana. Invece ce ne freghiamo. Trento è palazzi dipinti e le mura sotterranee dell’antica Tridentum romana, è il Castello del Buonconsiglio (ah, quanto ne avremmo bisogno di buoni consigli ogni giorno), sono Le Gallerie, veri e propri tunnel autostradali dismessi e trasformati, ognuno per trecento metri, in, appunto, gallerie, sia nell’accezione stradale che in quella artistica. Una bianca e una nera, scavate sotto la montagna che sopra si staglia. Si entra nel buio e nelle luci al neon, nei video e nei suoni per poi essere “risputati”, come in “Essere John Malkovich”, dall’altra parte, in un altro quartiere della città, con colori, atmosfera, impatto differente. Una sensazione contrastante ma allo stesso tempo accogliente, ferro battuto e vetro, la mano dell’uomo che entra prepotente nella Natura trasformandola senza quell’invasione violenta ma assecondandone i contorni, seguendone i confini. In mezzo al verde è nato un mausoleo per le antiche carcasse millenarie. Le loro costole enormi fanno impressione, mentre i bambini, piccoli sotto, ci giocano intorno a pallone e schiamazzano e urlano: “Fallo” oppure “Gol”. A che gioco giocavano i dinosauri? Quello di Fred Flintstones correva tutto il giorno. Gli altri, non sappiamo.