“Hearing’ di Amir Reza Koohestani 

di Paolo Rausa

Il teatro dell’iraniano Reza Koohestani lascia inchiodati e attanagliati sulle sedie, in un’atmosfera buia. Interrotta dalla luce di una falce di luna. E’ tutto tetro e irreale. Su una passerella, quasi fosse l’ufficio investigativo di un commissariato, passano in rassegna gli incubi di due giovani donne universitarie, che alloggiano in un casa dormitorio, sospettate e accusate di aver visto o favorito l’ingresso di un giovane nella loro stanza. Vengono chiamate a comparire  e fisse, senza alcun movimento, interrogate ossessivamente su questa infrazione che è passibile di dura punizione dopo un processo. L’indagatrice se ne sta al di fuori della vista, giunge la sua voce assillante dal pubblico. Chiama le giovani donne una alla volta, vorrebbe metterle in contraddizione, insinua responsabilità, sensi di colpa, denunce e omissioni, un processo kafkiano, senza indulgenza. Una telecamera piazzata sul capo alternativamente dell’una e dell’altra è l’occhio indagatore che vorrebbe scoprire oltre, quello che non c’è, frutto della psicosi di un regime che organizza la vita sociale e culturale come se fosse una caserma. Il potere si autocelebra con il processo a se stesso. Non resta che cercare una via di fuga nei pochi momenti di rilascio e di quiete dalle domande incalzanti, ma le scale conducono all’inferno, senza porta, senza possibilità di salvezza. E allora resta solo la strada di fuga dal teatro e l’uscita di scena per vivere lo spazio condiviso dell’esposizione o della libreria esterna dove si svolge una vita normale, lontana da quella funerea rappresentazione della realtà che incombe sulla giovane società iraniana.

Spettacolo in farsi sovratitolato in italiano.

Regia di Amir Reza Koohestani, con Mona Ahmadi, Ainaz Azarhoush, Elham Korda e Mahin Sadri, produzione Mehr Theatre Group.

Alla Triennale dell’Arte di Milano, il 17-18 febbraio 2018.