Testo e foto di Paolo Rausa

Era da tempo che non attraversavo l’aia di Cascina Carlotta, fangosa e cosparsa dei resti del letame prelevato dalle stalle e portato ad ingrassare la terra. Qui una volta i boschi si alternavano a pianure senza fine, solcate dal fiume Lambro ad est e dalla Vettabia a ovest, dove confluivano le acque del Canale Redefossi. Qua e là qualche casupola o gli insediamenti poderosi delle cascine munite, filari di caseggiati dei contadini che vi alloggiavano per la durata di una stagione, poi di un’altra… fino all’estate successiva di S. Martino. Sulle vie di comunicazione La Rocca Brivio, una vecchia signora in posizione prominente quasi sulle rive del Lambro; l’abbazia di Viboldone, dove gli Umiliati sfalciavano due/tre volte l’anno, anche di più, nei terreni intiepiditi dalle marcite; il borgo di Zivido, teatro della Battaglia dei Giganti nel 1515. Un mondo, una civiltà con i suoi riti, le sue pratiche quotidiane, i lavori, i balli, l’osservazione degli astri, le speranze in un’annata migliore, le preghiere… Poi arriva l’industrializzazione e l’emigrazione. Sorgono strade e capannoni, i contadini si fanno operai, gli agrari capitani d’industria… Ma c’è chi resiste, chi comprende che quel patrimonio, quelle pratiche quotidiane, quella narrazione, quei riti appartengono a noi, alla storia dell’umanità e vanno preservati. L’aveva capito Luisa Carminati quando fin dal 1979 comincia a raccogliere gli oggetti della civiltà contadina (1.300), a far rivivere le suppellettili, a ordinarle in vani abitati, la cucina, la camera matrimoniale, le stalle, le case umili al cui centro sorgeva il camino per scaldarsi e cucinare, a riprodurre disegni (150) delle pratiche agricole e delle attività quotidiane. Intanto la fame di spazio vitale spinge gli amministratori ad invadere i terreni agricoli di capannoni, strisce di asfalto. Luisa e il marito Giovanni Viganò ne soffrono. Insieme ai figli Elisabetta e Rinaldo ergono barricate di carri agricoli e trattori, giovani ambientalisti condividono la loro battaglia, salgono sulle masserizie: ‘Di qui non passeranno!’. Cascina Carlotta è stato il simbolo delle lotte contro lo stravolgimento del territorio, per preservare la sua integrità, per affermare il diritto ad uno sviluppo sostenibile. Oggi quel patrimonio rischia di essere sperduto e smembrato perché altre impellenze urgono. Quelle stanze arredate con gli oggetti di uso quotidiano di un mondo trascorso della civiltà contadina devono essere liberate! Quel patrimonio nato dalla passione che Luisa Carminati ha trasmesso alla figlia Elisabetta Viganò deve essere riconosciuto come bene comune e diventare un bene pubblico, custodito per le generazioni future. Qualunque soluzione provvisoria si trovi in qualche cascina della zona o a Viboldone, quando verrà recuperato il borgo, deve vedere il suo passaggio in mano pubblica e deve essere preservato con la stessa passione che ha dedicato Luisa Carminati. Intanto il 28 febbraio è stato convocato per discuterne un incontro pubblico allo SpazioCultura, in Sala Previato, a San Giuliano. L’auspicio è che si giunga a proclamare quegli oggetti appartenenti a tutti e perciò alla consapevolezza che tutti se ne debbano prendersene carico e cura perché, come diceva Carlo Levi, ‘il futuro ha un cuore antico’. Con questi propositi si sono incontrati questa mattina alla Cascina Carlotta l’assessore alla cultura, Morena Lucà, gli eredi Viganò, alcuni agricoltori e associazioni della zona per trovare un luogo degno dove esporre quegli attrezzi e oggetti di uso quotidiano della nostra civiltà contadina.

Museo della Civiltà Contadina, il camino con i disegni