Riproponiamo l’elogio del panino con la milza pubblicato sul numero 8 di Erodoto108 “Elogio del cibo”.

Testo e fotografie di Francesco Faraci

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E’ un dato di fatto. Il pane con la milza, regina del cibo di strada palermitano, fatto in casa non avrà mai lo stesso sapore di quando lo si mangia seduti sulla scalinata di una Chiesa. Il perché è secolare oggetto d’improbabili dispute nei bar e nelle taverne di mezza città. Amicizie d’infanzia si sono disgregate in suo onore. Chi detiene il segreto ascolta con attenzione tutte le ipotesi, ridendosela sotto un baffo eventuale. Lei, però, non si è mai scomposta. Lì, sul trono, attende i sudditi prontissimi a prostrarsi ai suoi piedi. Come ogni regina, o la si odia o la si ama. Sempre e comunque in maniera smodata. Non c’è giorno o notte che tenga, né stagione.

E’ sempre molto difficile resistere alla tentazione dei “Pani ca’ meusa” accompagnati da una birra ghiacciata.

Cuoce, a fiamma alta, in un grande calderone di rame, ricoperto dallo strutto, grasso di maiale, che prende il nome di “sugna”. Coccolata dalle sapienti mani del “meusaro”, padrone indiscusso del suo banco, spesso ereditato dal padre o dal nonno, indossa un grembiule bianco sulla pancia prominente, perennemente macchiato. Con un cucchiaio tira su la milza ben cotta, la scola e l’accomoda nella pagnotta precedentemente inzuppata nel grasso di cui sopra.
Arriva quindi la fatidica domanda: “Schitta o Maritata?”. Certo, potrebbe sembrare che una donna avvenente stia sondando il terreno per un eventuale approccio, così non è. Il pane con la milza “maritato” è condito con formaggio abbondante o con ricotta, quello schietto invece servito appena con una spruzzata di limone.

Legge impone che per mangiarlo bisogna sporcarsi le mani pena le occhiate storte degli esperti e sempre presenti mangiatori di milza. Se fai di tutto per evitare le macchie non sei palermitano, spesso non si è nemmeno un essere umano. D’altronde, per il palermitano DOC, mangiarlo, non fa la differenza sul senso di sazietà. E’ una merenda, una colazione, un dopo cena.

Quasi sconosciute le origini, qualcuno le fa risalire al tempo degli Ebrei in Sicilia, agli Arabi, altri invece dicono che non importa, chiunque abbia inventato cotanta meraviglia è indiscutibilmente un genio. Un santo, quasi.

E’ un cibo che non conosce differenze di ceto sociale, razza o credo religioso. Come tutto lo street-food, in Sicilia e non solo, forse potrebbe addirittura salvare il mondo se è vero che in tavola e davanti al cibo non esistono discussioni o differenze e ogni problema magicamente si scopre risolvibile.

Quindi, cari lettori, non provateci, approfittate dei modici prezzi di una di queste pagnottelle, scendete in strada, mischiatevi e, se potete, lasciatevi trasportare dall’inconfondibile profumo del pane con la milza. Rimandate la dieta di un giorno, ne vale la pena.

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