Testo e foto di Paola Pedrini (Tratto dal libro: Gli Angeli di Calcutta, Polaris Editore). 

Dopo tanti viaggi in India come donna e viaggiatrice è giunto un momento in cui ho sentito la necessità di fermarmi. Fermarmi e semplicemente dare. Chiedendomi il perché ma senza avere la pretesa di riuscire a trovare le risposte. A Calcutta, una delle città più terribilmente affascinanti dell’India, ho prestato volontariato in uno dei centri fondati da Madre Teresa e oggi gestiti dalle Missionarie delle Carità. A Calcutta ho conosciuto la povertà, la malattia, il degrado. Ma non solo. Ho imparato cosa significa amare, ho capito che non è mai abbastanza, ma quell’amore ha un valore inestimabile. Ho conosciuto persone speciali che hanno cambiato la mia vita, queste persone sono gli Angeli di Calcutta (Paola Pedrini).

Oggi la giornata a Prem Dan è abbastanza tranquilla, alcuni volontari sono arrivati, altri se ne sono andati.

Le pazienti ma anche le suore chiamano le volontarie “aunty”, un modo affettuoso per dire “zietta”, sarebbe impossibile ricordarsi tutti i nostri nomi. Ma qualcuna ci riesce e queste due semplici parole, Hallo Paola!, mi riempiono il cuore.

Controllo una bambina che mi sembra autistica, avrà 12 anni. Quando sono arrivata aveva la testa aperta da un solco, brutalmente picchiata probabilmente perché considerata inutile.

La ferita si sta rimarginando, quando cresceranno i capelli forse si vedrà ben poco ma la ferita che ha subito al cuore, quella sarà indelebile, per il resto della sua vita.

Al piano di sotto c’è una ragazza che non si stacca mai dal suo letto, da sotto al letto.

Ha una deformazione alla colonna vertebrale che le impedisce di reggersi in piedi, o anche seduta, in modo autonomo.

Mangia sotto al letto, dorme sotto al letto, defeca e urina sotto al letto.

Le porto da mangiare, mi siedo accanto a lei sotto al letto, la imbocco come una bimba e lei ogni tanto mi sorride con lo sguardo perso nel vuoto.

Ci sono alcune inservienti indiane, le maasi, che aiutano le suore, vivono lì insieme a loro, sono state raccolte e cresciute, strappate a situazioni di maltrattamenti, violenze e soprusi dalle famiglie o dai mariti. Sono pazienti ma responsabilizzate.

A volte hanno atteggiamenti duri, a volte mi sembrano rabbiose e incattivite. Le sento urlare, litigare, le vedo spingere e strattonare con violenza alcune donne, quelle donne che non possono reagire.

Mi aspetterei dalle suore un’educazione sentimentale più mirata per queste assistenti che hanno l’enorme responsabilità di vivere e accudire centinaia di malati.

Mi ritrovo in situazioni imbarazzanti e di disagio, il mio istinto mi dice di fermarle, di mettermi fisicamente in mezzo e urlare loro come si dovrebbero comportare.

Ma non lo faccio. Decido di parlarne prima con suor Prema e suor Andrea.

Ascoltano attente le mie parole, ad ogni frase un sospiro dispiaciuto, comprendono e sono consapevoli del problema ma, mi rispondono, l’educazione all’amore per queste donne sarà un percorso molto lungo e faticoso, a volte irraggiungibile.

Sono di grande aiuto nei vari centri per quanto riguarda i lavori manuali e pesanti ma purtroppo non sanno cos’è l’amore, non conoscono carezze, è stata insegnata a loro solo la violenza e solo questo possono trasmettere.

Sono state picchiate, violentate, abbandonate dalle famiglie. Non hanno avuto nessun modello d’amore a cui ispirarsi, da cui apprendere. Forse è già tanto quello che stanno facendo?

Al pomeriggio ci concediamo una meritata passeggiata al Botanical Garden, oasi e polmone verde di Calcutta.

Siamo io, Lisa, Marta, Tommaso un ortopedico di Roma con la sua ragazza e Giovanni esperto di botanica di Milano.

Si trova sulla riva opposta del fiume Hooghly, a sud, creato dagli Inglesi nel 1700 per sperimentare la coltivazione delle piante da tè allo scopo di soppiantare il monopolio cinese.

Il parco è vastissimo, 105 ettari, con serre, laghi e più di 30.000 tipi di piante, ma l’attrazione maggiore è quella di un gigantesco baniano, un Ficus benghalensis linneus della famiglia delle Moracee, che produce un frutto come un piccolo fico non commestibile, al secondo posto tra gli alberi con la chioma più ampia del mondo (il primo è ad Andhra Pradesh). Sono i più antichi giardini botanici dell’India e luogo ideale per passare una giornata tranquilla lontano dalla città immersi nella natura.

Camminiamo fino a sera, fino ad aver male alle gambe, respiriamo ingordi aria pulita come fosse un atto stranamente insolito, come se dopo queste ore non ci fosse più concesso. Scattiamo foto, anche se non è possibile, sorridiamo delle giovani coppie che vengono a rifugiarsi per stare insieme, tenersi la mano e scambiarsi qualche carezza lontano dagli sguardi indiscreti e inquisitori della tradizione.

Tutte le sfumature del verde sono qui, ci circondano, ci sovrastano, chiome rigogliose e secolari imbevute dell’ultimo monsone.

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