Testo e foto di Andrea Semplici.

 

Al terzo giorno del Salone del Gusto, rimango lontano dalle architetture del Lingotto. Niente ressa questa mattina, via dalla folla che marcia verso SlowFood. Per paradosso scegliamo la lentezza. Preferiamo camminare lungo il Po. Aria di autunno. Foglie che navigano su grandi pozzanghere. Anatre che scivolano nelle acque del fiume. Poca gente che corre sugli argini. Grazie a Marco e Thuline, scopriamo il mondo delle bocciofile.

Non so se Cecilia meriterebbe una cucina a TerraMadre. Voglio credere di sì. Che ci sia spazio per tutti i buoni nell’universo SlowFood. Questa è la storia: una cuoca brasiliana al lavoro in una bocciofila che si chiama ‘La Piemonte’ e che, in riva al Po, cucina arrosto con i segreti che si è portata dietro dal Brasile. Creolizzazione del gusto. Piccola storia sconosciuta, quella di Cecilia Dos Santos Bonazzi. Chissà se conosce SlowFood? E chissà se SlowFood potrebbe essere interessata a conoscere lei? Potrebbe esserci attenzione reciproca?

Padre italiano. Emigrato in Brasile cinquantaquattro anni fa. Tornato in Italia, per due settimane, solo dopo diciassette anni. Cecilia, sua figlia, ha 48 anni. A 19 arrivò in Italia. In un incrocio di oceani e destini, lei sposò un italiano. Ha una figlia adolescente.

Una storia normale. Lavoro. Matrimonio. Separazione. Una nuova vita. Alla fine, nel 2007, Cecilia apre una gastronomia dalle parti della Madonna del Pilone. A due passi dalla bocciofila. Ma non entra mai in quella palazzina dall’aria austera e cadente. Poi si ritrova a gestire un rifugio nelle montagne del Canavese. Solitudine della montagna. Due anni per familiarizzarsi con l’arte popolare della cucina per montanari. Un giorno Cecilia ascolta una conversazione: quella bocciofila, antico circolo torinese, cerca qualcuno per gestire il locale. Un’occasione per tornare in città.

Le bocciofile sono una storia di Torino. ‘La Piemonte’ ha più di cento anni di vita. Fondata nel 1907. Un tempo qui si ritrovavano podisti e ciclisti. Ma le bocce sono una delle passioni della gente che passeggia lungo il Po. In una mappa, conto tredici bocciofile lungo le sue sponde. Qui siamo in corso Casale. Un tempo qui scorreva un canale che intercettava le acque delle colline e le portava fino al Grande Fiume. Cecilia va a vedere il circolo.

‘Era un edificio brutto, scuro, triste’. Una donna brasiliana e un’architettura sabauda. Qualcosa deve comunque affascinarla. Accetta il nuovo lavoro. E, lentamente, comincia a cambiare l’aria della bocciofila. Avviene qualche ammodernamento. Ora c’è una veranda per godersi il fiume in estate. Ci sono i soci, un centinaio di pensionati. Ci sono le grandi vasche per le bocce e le sale per le carte. Mentre parliamo c’è un vecchio che dorme appoggiato a un tavolo.

Cecilia prova a cambiare la cucina. ‘Contaminazioni brasiliane’, dice una scheda trovata su internet. E’ una piccola rivoluzione culturale. Sul Po, Cecilia prova a rendere creola la cucina piemontese. Il ritmo del Brasile con la tradizione del Piemonte. Appaiono riso e fagioli neri. E un arrosto cotto ‘in maniera nostra’. ‘Non volevo fare una falsa churrascheria, volevo solo che, in questo posto, entrasse un po’ del mio paese. Che si mischiasse con le storie del Piemonte. In fondo io ho dentro di me queste due terre. A volte mi chiedono menù per una cena numerosa: chiedono pasta al ragù e io porto comunque un assaggio di riso e fagioli. Si incuriosiscono. Tornano una seconda volta. Vogliono capire questo nuovo sapore’.

La storia è tutta qui. Non ci sono grandi filosofie. Non ci sono nemmeno trucchi. O letteratura. Cecilia mi dice che qui, a volte, appare Marco Travaglio. Io giro per il circolo: un grande biliardo riscaldato, una sala con finestre sul Po per giocare a carte, trofei di vecchi tornei di bocce. So che alla bocciofila vicina, il cuoco è napoletano. Mi piace questo confondersi. Questa creolizzazione delle storie quotidiane. Alla domenica, eravamo i soli clienti della bocciofila. Un lusso. Cecilia tutta per noi. Un pranzo slow.

Seguo Cecilia in cucina. Non sono così certo di quello che scrivo. Ma ho sempre considerato l’ignoranza come una eccellente base di partenza. Quindi provo a scrivere una ricetta di riso e fagioli.

‘Mettere i fagioli neri in acqua per almeno dodici ore.

Fare bollire (pentola a pressione, non mi chiedete se è politically correct) i fagioli neri con qualche pezzo di maiale affumicato (costine, pancetta, piedino, orecchia). Aggiungere due foglie di alloro.

Preparare un soffritto con cipolla tritata e uno spicchio d’aglio. Unire un mestolo di fagioli. Fare cuocere a lungo. Poi rimettere tutto nella pentola e proseguire la cottura.

A parte, cuoce il riso pilaf.

Soffriggere in olio di oliva, senza farla imbiondire, una cipolla. Fare rosalare il riso. Aggiungere lentamente brodo caldo fino a quando il riso non è pronto.

Guarnire il piatto con una foglia di cavolo, una fetta di arancio senza pelle e farina di manioca’.

Bocciofila La Piemonte
Corsa Casale, 107
Tel. 011.8196035
Ceciliabonazzi@live.it