Emblema di pace e forza, protagonista di miti e leggende, l’ulivo è la pianta di cui dice nella Bibbia i semi arrivino direttamente dal Paradiso. Regalo in periodo di Pasqua per ricordare l’ingresso di Gesù a Gerusalemme atteso da una folla sventolava rami di ulivo e di palme è parte vivente del panorama del bacino del Mediterraneo.

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Fa caldo. L’aria è bianca di luce, la terra rossa di ferro. Sottile come una carezza il battito di vento arriva dalla costa e lambisce le foglie verde scuro, solletica le rughe dei tronchi, ne accompagna gli enormi bracci fino a terra. Un bosco di ulivi dorme tra il mare i la collina. Un bosco di ulivi magici che in ogni curva dei propri rami fanno dormire gli elfi, su in vetta, a venti e passa metri d’altezza, fanno riposare le fate. Un battito d’ali e ti ritrovi in una macchina del tempo dove la potenza della natura amica si miscela in un profumo alchemico con la Storia.
Questi ulivi sono stati silenti testimoni del passaggio dei Normanni, degli Aragonesi, degli Angioini e degli Spagnoli, dei Borboni e dei Piemontesi. In campi incorniciati da muretti di sassi bianchi che la terra partorisce incessantemente, a fianco degli anziani, continuano a fiorire il lentisco, la fillirea, il mirto e il corbezzolo. Il passaggio dall’olivo selvatico a quello gentile affonda le radici nel passato preistorico di cui menhir e dolmen rimangono a testimonianza nelle campagne asciutte. La macchia mediterranea rimane a custodia di questo passato come un utero vitale per insetti autoctoni minacciati, oggi, dalla globalizzazione.
La distesa di olivi millenari rappresenta un sistema complesso dove storia, natura e agricoltura si sono intrecciati armoniosamente nei millenni: siamo nell’alto Salento, nel brindisino, tra Fasano, Ostuni, Carovigno. Pennellate di bianco, azzurro, verde e rosa bouganville tratteggiano il perimetro di questa terra che profuma di erbe officinali e basilico. La piana olivetana tra Fasano e Ostuni sembra un miraggio vista dalle Murge. Da questo miraggio emerge un’oasi di quiete, una masseria dove sì, storia agricola, botanica e imprenditoria biologica si fondono. Immersa in un uliveto millenario esteso per 72 ettari con numerosissime querce, carrubi, peri antichi e ampie zone di macchia mediterranea, la Masseria il Frantoio sorge, appunto, su un antico frantoio ipogeo del ‘500. Tutti qui non ha meno di un paio di cento anni: il glicine che si erge sulla scalinata all’ingresso, l’arancio di cristo nell’hortus conclusus, il piccolo sistema di irrigazione del giardino all’italiana, gli strumenti da lavoro appesi nel soggiorno. Gli olivi sono padroni del terreno circostante che il proprietario, Armando Balestrazzi, fa visitare ai suoi ospiti a bordo di una Fiat 500 del 1949. A fianco agli olivi millenari, che sono sempre in produzione, un uliveto più giovane, sempre biologico, curato grazie all’incredibile capacità sterminatrice delle coccinelle golose di afidi e aleurodidi. Quattro oli extravergini escono da questa fattoria, quattro tipi diversi di oro verde dalla dolcezza o dalla forza spiccate. In collaborazione con la Facoltà di Agraria dell’Università di Bari nasce il prelibato Olio degli Dei, ottenuto molendo il solo frutto delle olive, niente nocciolo. Le caratteristiche della “ogliarola”, i patriarchi secolari custoditi nella masseria, sono concentrate in questo nettare già descritto da Columella nel I secolo dopo Cristo in un trattato, il De Re Rustica, in cui sottolineava la differenza tra l’olio degli schiavi, da quello dei Re e questo da quello degli Dei, ottenuto appunto da olive denocciolate. Dai nuovi ulivi, che hanno ormai una trentina d’anni, esce fuori, invece, un olio extravergine in purezza, solo Leccina: verde chiaro, profumo equilibrato e intenso da affiancare ai prodotti della terra, verdure e legumi, zucchine e fave fresche. La carne si abbina bene con un altro DOP -Collina di Brindisi- “Tre colline”. Leggere alture che proteggono dallo scirocco gli uliveti, terra di ferro e calcare, rossa e bianca, drenata dall’acqua, forte e asciutta per far crescere oltre all’ogliarola salantina, cultivar prevalente, anche la pesciolina e il frantoio. Miscelate assieme danno un equilibrato aroma fruttato da abbinare a un insalata di porcellana (pianta infestante, oggi strappata dai terreni coltivati, qui invece usata da portare in tavola come facevano gli antichi egizi) o ad un agnello al forno con patate. Ma dall’olivo nasce anche un rosolio, unico al mondo. In questa Masseria il tempo si fonde. La casa porta su di se le tracce di epoche diverse: la piccola cappella settecentesca, la terrazza con colonne dell’Ottocento, il frantoio ipogeo del ‘500. Tra queste tracce si narra che Donna Bimbì, vissuta qua agli inizi del Novecento, abbia trovato gli appunti di cucina di una sua ava su cui era annotato il segreto di un rosolio di foglie d’olivo: i giorni precisi in cui raccoglierle per ottenere un risultato perfetto. Le lacrime di sole che hanno imperlato queste foglie al mattino presto (Ros Solis, ovvero Rosolio) si raccolgono in questo nettare forte e, neanche a dirlo, antico. Questo prodotto ha ricevuto un encomio, nel 2005, da parte del ministero dell’Agricoltura italiano mentre un progetto, portato avanti dalla Masseria assieme all’Istituto Pantanelli e alla cooperativa Terra di Puglia Libera Terra, ha ottenuto il Panda d’oro del WWF nel 2010: I giganti del Mediterraneo. Non elefanti marini, balene o altri abitanti dei fondali, i Giganti in questione sono gli ulivi millenari, oggi tutti targati, geolocalizzati e sorvegliati come monumenti nazionali grazie a una recente legge regionale (LR 14/07) che li tutela da speculatori senza scrupoli. Da questo amore per la terra nasce l’adozione a distanza: gli ulivi vivono se sono produttivi, curati, seguiti. Solo la potatura di questi giganti, alti fino a una ventina di metri, richiede un forte investimento per la ricerca di esperti potatori e per il numero di persone che devono essere impegnate in queste operazioni. Ecco che con “Adotta un ulivo secolare” si mantiene viva l’attenzione sulle problematiche della tutela del territorio e del patrimonio rurale pugliese in attesa che il progetto, più ampio, di istituzione di un Parco degli Ulivi in questa valle, prenda definitivamente forma. Si adotta un ulivo millenario, gli si dà un nome e si riceve in cambio 30 litri del suo oro verde e una foto firmata Tim Buchman (www.timbuchman.com).
Una delle azioni per consentire che questo territorio mantenga attivo questo segreto equilibrio tra terra, lavoro, produzione, bellezza e vita. Tra le altre iniziative da menzionare c’è la nascita della prima DOP sull’olio extravergine di oliva in Europa, la DOP “Collina di Brindisi” che prevede nel suo disciplinare di produzione che l’olio debba provenire per almeno il 70% da piante appartenenti alla cultivar “Ogliarola salentina” che si identifica con la pianta di olivo monumentale. Ma anche la realizzazione del progetto “Oro del Parco” che riguarda l’olio ottenuto da oliveti secolari condotti con metodi agricoltura biologica, presenti all’interno della Riserva Naturale dello Stato di Torre Guaceto e prodotto da una Comunità di agricoltori dell’area naturale protetta.
Il parco Agrario degli ulivi secolari compreso in una fascia di territorio omogenea tra Monopoli, Fasano, Ostuni e Carovigno e che ha coinvolto, in iniziative di programmazione partecipata, imprenditori, associazioni, enti locali ed istituti di ricerca, organizzati dal Dipartimento di Urbanistica del Politecnico di Bari, è ancora un’idea mentre l’etichettatura degli oli, con la menzione speciale “da oliveti secolari di Puglia” ai sensi dell’art. 7 della L. R. n. 14 del 4 giugno 2007, rimane ancora solo una iniziativa autonoma degli imprenditori della zona.

www.adottaunulivosecolare.it

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