foto  di Marco Baschieri
testo di Silvia La Ferrara

C’è un angolo di Sri Lanka a Spilamberto, nella campagna modenese, dove una vecchia casa colonica è stata trasformata in Tempio Buddhista. Qui il 29 e 30 ottobre si è tenuta la festa di Kathina che celebra la fine delle piogge monsoniche e dei tre mesi di rituale ritiro per i monaci. La comunità festeggia con canti, preghiere, meditazioni e cibo, ma soprattutto si tingono e si cuciono, in un solo giorno, le tuniche dei monaci, inizialmente bianche, ma poi immerse in un pentolone di acqua bollente nella quale è stato versato il colorante naturale che le rende del tradizionale arancione che tutti conosciamo. Per fissarlo occorre una seconda immersione in un altro pentolone di acqua. Poi le tuniche si stendono ad asciugare.

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La festa si chiude con un rito collettivo a cui partecipano tutti portando in processione le tuniche e la statua di Buddha, suonando o cucendo un piccolo lembo di stoffa.

Pare che il lungo ritiro fosse stato raccomandato dal Buddha per evitare che i monaci calpestassero raccolti e uccidessero gli insetti che saltano fuori ovunque durante le piogge.

Il confezionamento e il dono delle tuniche si spiegano invece con un racconto contenuto nel Vinayapitaka, scritto nel I secolo a.C. per raccogliere le regole che governano la vita della comunità monastica. Vi si narra di trenta monaci sorpresi dal monsone mentre erano in viaggio per raggiungere il maestro. Dovettero fermarsi e aspettare la fine della piogge. Quando poterono ripartire e raggiungere il Buddha dopo aver camminato tra fango e pozzanghere, avevano però le tuniche fradice, sporche e rovinate. Allora il maestro donò loro un drappo di stoffa offertogli dai suoi fedeli.

_mg_6852Da qui la tradizione di cucire in questa occasione le vesti nuove per i monaci che sono stati tre mesi in ritiro e da qui anche il nome della festa: Kathina significa infatti “telaio” e si riferisce alla cornice usata per cucire le vesti, oggi sostituita da una Singer.

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