Oggi, 15 Luglio  mi sono svegliata con la paura. Non tanto per me, ma per mio figlio e i suoi amici, ragazzi poco più che ventenni che hanno voglia di conoscere il mondo e di viaggiare più che possono, e che ormai, con i voli low cost, possono arrivare facilmente dovunque nel mondo.

Ho provato paura, perché mi sono immaginata cosa deve significare trovarsi in un luogo di festa e all’improvviso conoscere il terrore e la morte, in un attimo cambiare per sempre la tua vita.

La reazione più immediata, mia e credo di molti, è quella di dire: basta non muoviamoci più. Chiudiamoci in casa, annulliamo ogni viaggio, almeno per un po’, così staremo sicuri.

Poi mi sono immaginata che tipo di persona diventerei io e i giovani che conosco se abbandonassi la mia curiosità, la mia voglia di conoscere ciò che è diverso, la mia apertura al mondo.

Che tipo di persona sarei se non avessi conosciuto in questi anni Alosha, il padre russo di mio figlio, oppure Rafat, la mia guida nel viaggio in Giordania, Nati, l’autista del viaggio in Etiopia, oppure Sekou, Souleymane, Papi e tutti gli altri ragazzi richiedenti asilo che sto aiutando ad imparare l’ italiano. Tutte persone che mi hanno aperto gli occhi su realtà diverse, mi hanno aiutato a vedere il mondo nella sua complessità, a non fidarmi di un unico punto di vista.

Che tipo di persona diventerei, io e i giovani che conosco, se passassi le mie giornate chiusa in casa, a relazionarmi con il mondo solo attraverso i social o la televisione?

Voglio davvero diventare così?

La paura è un’emozione e come tale non possiamo impedirci di provarla. Quello che però possiamo fare è decidere che farne di questa emozione, di questa paura: vogliamo permetterle di portarci all’odio o alla chiusura, o vogliamo continuare a vivere nonostante la paura?

Anais Nin una volta ha detto che la vita si restringe o si espande in proporzione al nostro coraggio.

Io voglio una vita ampia, accetto il rischio e la paura, ma non voglio chiudermi, non voglio impedire a mio figlio di partire. Voglio lasciare la porta aperta agli incontri, al nuovo e al diverso. Sono convinta che l’unico modo che abbiamo per combattere questa ondata di terrorismo che sta sconvolgendo il mondo intero sia non permettergli di cambiarci e di cambiare le nostre abitudini.

Non è facile, lo so, ma è utile e possibile.