Testo a cura della redazione

Figlio di rifugiati ucraini, ebrei, sfuggiti ai pogrom di inizio secolo, approdò alla fotografia per caso. Willy Ronis è considerato uno dei fotografi più importanti del dopoguerra capace di conciliare valori umanistici e valori estetici del realismo poetico.
Le sue immagini oggi girano per il mondo e una delle tappe è la Galleria Tre Coi di Venezia. Fino al 6 gennaio sarà possibile vedere ben 120 immagini, tra cui una decina di inedite dedicate a Venezia, oltre a una selezione di documenti, libri e lettere mai esposti.
L’esposizione ripercorre la carriera di  Willy Ronis, uno dei maggiori interpreti della fotografia del Novecento e protagonista della corrente umanista francese, insieme a maestri quali Brassaï, Gilles Caron, Henri Cartier-Bresson, Raymond Depardon, Robert Doisneau, Izis, André Kertész, Jacques-Henri Lartigue e Marc Riboud.
Pur non essendo un movimento codificato da un manifesto programmatico, quello umanista dimostrava il suo interesse verso la condizione umana e la quotidianità più semplice e umile, per scoprirvi un significato esistenziale universale.
Sebbene la maggior parte delle sue immagini più riprodotte siano state scattate in Francia, sin dalla sua giovinezza Ronis non ha smesso di viaggiare e fotografare altri luoghi.
Il suo stile resta intimamente legato al suo vissuto e al suo modo di intendere la fotografia. I suoi scatti e i suoi testi raccontano un artista desideroso prima di tutto di esplorare il mondo, spiandolo in segreto, aspettando pazientemente che esso gli sveli i suoi misteri. Ai suoi occhi è più importante ricevere le immagini che andarle a cercare, assorbire il mondo esteriore piuttosto che coglierlo e, da qui, costruire la sua storia.

La mostra si arricchisce di due video: Ritratto filmato, Willy Ronis, realizzato nel 2009-2010 da Philippe Lecrosnier e Peter Burchett (durata 15’); e Willy Ronis. Fotografie 1934-1998 realizzato in occasione dell’esposizione ai Tre Oci da Marco Zamata (2018, durata 10’).