Testo di Andrea Semplici.

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(Da Fondazionemaxxi.it)

Deviazione imprevista dai lungotevere romani fino ai capolinea della Flaminia. Da Salgado a Luigi Ghirri, insomma, se, questa estate avete passione per le grandi mostre della fotografia. Da uno dei fotografi più celebri e mediatici della contemporaneità globalizzata al calligrafo dei paesaggi italiani. Dal mondo raccontato con le gigantografie del fotografo brasiliano alla piana emiliana narrata dalle miniature dalla luce nebbiosa e accecante degli scatti analogici di un fotografo di Reggio Emilia. Se a Roma avete un solo pomeriggio e dovete scegliere fra Sebastiao Salgado (all’Ara Pacis) e Luigi Ghirri (al secondo piano della meraviglia del Maxxi), non abbiate dubbi e fate questa eresia (e che Dio mi perdoni): andate a passeggiare fra le oltre trecento immagini di Ghirri e lasciate ad altre occasioni Salgado.

Non so definire Luigi Ghirri. Io non sono un esperto di fotografia. Il mio modo di vedere il mondo è all’opposto del suo. Io sono un cronista. E Ghirri non lo è. Non è un autore. Non è suggeritore (è lui a definirsi per negazione). Fotografa la gente (quando la fotografa) solo di spalle. Si mette, cioè, dal loro punto di vista. Non è uno spettatore. Diventa ‘uguale ai fotografati’. Si può fare? Sì, è possibile. Lui ci riesce.

21_LuigiGhirri_Bologna, Studio di Giorgio Morandi, 1989-90-863a0b8fb0

(Da Fondazionemaxxi.it)

La foto di Ghirri sono diverse da qualsiasi altra immagine. Nessuno ha fotografato l’Italia come lui. Sì, Ghirri è diverso da qualunque altro fotografo. Ogni sua foto è una fiaba. I suoi colori (in epoca analogica) erano tenui, sbiaditi, accecanti, senza confini, ai limiti della gamma. Sono acquerelli le sue foto. Una giostra sul molo di Trani sembra apparire da un sogno. Un ristorante sul porto di Ponza è un luogo da leggenda. Ti viene voglia di scendere per una scala che si intravede fra due rocce di Tellaro. O di stenderti sul letto bianco che appena si scorge della camera del pittore Morandi. Ghirri ama il bianco. Attenua i contrasti. Mi chiedo come si confronterebbe con il mondo digitale. Cosa ne farebbe Ghirri di photoshop? Non cerca le perfezione. Non è un virtuoso dell’immagine. Non rispetta molte regole consolidate. Sa che il mondo è imperfetto e che una foto non sana le imperfezioni, lui offre solo un punto di vista distinto. Ghirri vede cose che noi non vediamo. Dove noi siamo disattenti o troppo snob lui scopre il dettaglio fantastico. Il banale, il kitsch, lo stereotipo diventano un margine di bellezza. Incanta, Ghirri. E non sai perché. Forse perché è capace di narrare con occhi nuovi quello vediamo tutti i giorni.

‘E’ difficile dire perché una stanza, le pietre di una strada, l’angolo di un giardino mai visto, diventino nostri…è una intensità totale che ci fa dimenticare che tutto questo esisteva e continuerà a esistere al di là dei nostri sguardi…’.

 I paesaggi di Ghirri sono la provincia. Ecco Modena e Rimini. Compie miracoli: nel 1986, va a New York e trasforma la metropoli statunitense in terra di periferia. E’ la sorpresa a guidare gli occhi del fotografo: ‘Vedere come se fosse la prima e l’ultima volta’. Ci dà una grande lezione: ‘Abbiamo dimenticato l’enorme potere di rivelazione che ogni nostro sguardo può contenere…Fotografare è come osservare il mondo in uno stato adolescenziale, rinnova quotidianamente lo stupore…non è vero il motto dell’Ecclesiaste: niente di nuovo sotto il sole. La fotografia sembra ricordarci che ‘non c’è niente di antico sotto il sole’. Già, la fotografia mette in luce il nuovo.

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(Da Fondazionemaxxi.it)

A passeggiare fra la grande mostra romana si comprende fino in fondo l’urgenza e la necessità di Ghirri: fotografare è ‘uno stato di necessità’ che lui non esita a definire etico. E lui ha una grande capacità: sa fare spazio in ciò che vede. Ghirri non aggiunge mai niente. Anzi, toglie. Trova lo ‘straordinario nell’ordinario’. Trova la modernità nell’arcaico. E viceversa. Ti provoca un senso di spaesamento, anche di fronte alle immagini più semplici (una saracinesca, una porta, una palma, una panchina).

Viaggia Ghirri. Molto più di un grande viaggiatore: ‘Se il viaggio è sinonimo di avventura, grande o piccola che sia, questa avventura la si può incontrare tralasciando le strade conosciute, i luoghi comuni e cercando nuovi percorsi visivi e nuove strategie di rappresentazione’. E ancora: ‘ho cercato di fare delle carte, delle mappe che fossero contemporaneamente fotografie.

Mi piacciono molto i viaggi sull’Atlante, per questo mi piacciono ancor di più i viaggi domenicali, minimi nel raggio di tre chilometri da casa mia’. Le fotografie come mappe, dunque. Dovremmo trovare coraggio e risorse per ripercorrere oggi il viaggio novecentesco di Ghirri. E capire cosa è cambiato in questa Italia.

E’ timido, il fotografo. Ricordate? La gente di spalle. C’è una foto di una donna che, sulla via Emilia, si scalda al fuoco che si sprigiona da un bidone. Una prostituta? Non so, ma intuisco l’imbarazzo di Ghirri. O, forse, questa distanza è voluta? Se fotografa uomini che giocano a calcio, lo fa da lontanissimo. Gli uomini e le donne, nelle foto di Ghirri, sono evanescenti. Quasi dei fantasmi. Spesso ‘mossi’ per i tempi lunghi che, credo, utilizzi. Le persone sono una invisibilità ben presente e imperfetta fra la perfezione delle geometrie delle architetture.

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(Da Fondazionemaxxi.it)

Mi piacciono molto le foto che attraversano. Il suo obiettivo osserva ciò che accade dietro una vetrata, una finestra, un foro. Rimango per minuti davanti allo sfuocamento dei marinai che si intuiscono dietro una pareti di vetri porosi e umidi. Sarà che è Brest e mi immagino la pioggia sulle banchine di questa città e le donne di questi uomini di mare. Però questa foto mi racconta un momento, mi crea una storia, mi si impiglia nella memoria. Dice Ghirri: ‘Il mio è un tentativo semplice di ricostruire un sentimento di appartenenza e pacificazione’.

Guardo, come ipnotizzato, una panchina vuota nella notte di una giostra oramai immobile. So che verrà una donna a sedersi su quella panchina. E io, fotografo, posso solo annunciarlo. Non rimarrò qui. Me ne andrò prima che lei, con la sua inconsolabile malinconia, si sieda in queste ore perdute. Ghirri ha creato una storia.

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(Da Fondazionemaxxi.it)