testo e foto di Katiuscia Virgili

A dispetto dell’opinione della gran parte della gente che mi circonda, ho deciso di intraprendere un viaggio in Iran, accompagnata dall’unica persona a cui affiderei me stessa con la certezza di non perdermi mai.
Le domande che mi venivano poste nel momento in cui ho comunicato la meta del viaggio riguardavano sopratutto la sicurezza: la maggior parte delle persone mi hanno chiesto di guerra, di burqua e di terrorismo. Mi sono resa conto che l’immaginario collettivo è ben diverso da quello che è poi l’antica Persia, cioè un
paese affascinante, ricco di storia, con un popolo curioso e desideroso di conoscere chi sceglie di visitare il loro paese, anche quando la lingua ne impedisce la comunicazione.
Ho dovuto indossare un velo che copre la testa e le spalle; per entrare nei santuari bisogna invece indossare lo chador. Inizialmente non è stato semplice, per mia fortuna il clima è stato quasi sempre clemente permettendomi di non avere eccessivamente caldo, anzi, in alcuni casi, mi ha protetta dal freddo o dal vento. Nei posti chiusi però, mi veniva istintivo toglierlo, a quanto pare però, in alcuni luoghi o città più grandi c’è più tolleranza e spesso si vedevano giovani ragazze con il velo a metà testa che lasciava scoperti i lunghi capelli.
Il viaggio comincia con Teheran, la capitale, una città caotica che si estende ai piedi dei monti Elburz, un buon punto di partenza per lasciarsi stupire dalla straordinaria cordialità degli iraniani. La città offre, oltre a numerosi musei e al vivace bazar, anche parecchi parchi come il Honarmandan Park (Parco degli Astisti), dove potersi rilassare e isolarsi dal traffico.
Dopo Teheran ci siamo spostati a sud nella città di Yazd, la città color ocra dei badghir, le torri del vento costruite per rinfrescare in maniera naturale gli ambienti torridi.

Shiraz è la culla della civiltà persiana, è famosa, oltre che per la vicinanza a Persepoli, per la moschea Masjed-e Nasir-al-Molk, la tomba di Hafez, ma secondo me, una nota a parte la merita senz’altro il santuario Aramgah-e Shah-e Cheragh. Nella nostra guida cartacea, era scritto che non era ammessa l’entrata ai non musulmani, ma ci hanno chiamato chiedendoci se volevamo entrare, assegnandoci anche una guida parlante inglese. Il posto regala sensazioni uniche, si avvertono da subito la religiosità e la sacralità del luogo.
A Kashan si può rivivere la vita di un tempo, visitando le maestose case tradizionali, accompagnati dall’odore dell’acqua di rose che si diffonde tra le vie.
Ariviamo a Kerman di venerdì, quindi giorno di festa. Si alternano strade deserte con negozi chiusi a gruppi di gente vestiti con abiti neri che ci offrono the bollente, accettiamo di buon grado, apprezzano e sorridono. Abbiamo in programma di fare un’escursione nel deserto dei Kalouts dove le formazioni di sabbia e sale modellate dai venti, donano un paesaggio lunare.
Sanandaj, capitale del Kurdistan iraniano, ci accoglie con una triste notizia, durante la notte c’è stata una scossa di terremoto di magnitudo 7.3 a circa 140 km da qui che ha provocato morti e feriti. Dopo aver assicurato i familiari che dove ci trovavamo la situazione era estremamente tranquilla, cominciamo il giro della città. La prima cosa che si nota è l’abbigliamento completamente diverso dal resto dell’Iran, qui
infatti le donne abbandonano lo chador nero per vesti colorate e floreali, mentre gli uomini indossano degli abiti caratteristici con dei pantaloni larghi ed una fascia in vita.

Sanandaj è un’ottima base per visitare Palangan, un caratteristico villaggio incastonato tra le montagne. La particolarità del posto è che essendo arroccato sui monti, la vita di tutti i giorni scorre sopra i tetti delle proprie abitazioni.
Isfahan è l’ultima tappa del viaggio, vale la pena visitarla anche solo per la Piazza Imam Khomeini, una delle piazze più grandi del mondo, nonché Patrimonio dall’UNESCO. Altra tappa importante è il ponte Si-o-seh Pol (che collega al quartiere armeno Jolfa), un ponte con 33 arcate, molto amato dai locali, sotto al quale scorre il fiume Zaiandè ma nel mese di novembre lo abbiamo trovato prosciugato.
Arrivederci Iran, saluto con nostalgia questo paese dalla cultura millenaria, dalle tradizioni antiche e dal popolo ospitale.

Katiuscia Virgili  è nata nel 1983 a Roma, ma vive in un paese in provincia vicino al lago di Bracciano. Nel 2003 ha fatto il  primo viaggio fuori Italia e da lì è nato il desiderio di scoprire l’Europa; poi  sono venuti il Marocco, il Vietnam, la Cina, l’Iran, sempre zaino in spalla e mezzi pubblici. La passione per i viaggi si è associata a quella per la fotografia: un corso per apprendere le tecniche di base, e poi avanti con la fotografia di strada e le espressioni sui volti della gente.