L’oro arriva da sud,
il sale da nord,
la conoscenza da Timbuctu
(Proverbio africano)

A settembre di quest’anno il primo sospetto di distruzione di opere e monumenti di Timbuctu è stato portato di fronte al Tribunale Criminale Internazionale, in Olanda. Accusato di essere membro del gruppo Ansar Dine era stato arrestato in Niger e poi consegnato all’ICC (International Criminal Court): l’accusa è di aver distrutto deliberatamente luoghi dichiarati patrimonio dell’Unesco nella Città dei 333 Santi, Timbuctu. Nel 2012 erano stati distrutti, solo nella città maliana, 15 mausolei: Ahmad Al Faqi è accusato di aver ordinato e aver partecipato alla distruzione di dieci mausolei e della moschea di Sidi Yahia (datata 1440 d.C.), la moschea che assieme a Djinguereber e Sankorè compone l’Università di Timbuctu. L’occupazione della città da parte del gruppo di ribelli Tuareg affiliati ad Al-Qaeda è durata un anno. Un anno durante il quale non sono stati solo i monumenti, i sepolcri dei Santi e i libri ad essere distrutti e danneggiati. Ma dietro alla tenace resistenza dei maliani nel difendere la propria cultura c’è qualcosa di profondamente ammirevole, seme di speranza di fronte alla barbarie del terrorismo jihadista legato a Da-ish. I primi a pagare il conto dell’oscurantismo a Timbuctu sono stati gli artisti, i musicisti, i cantanti e poi … i testi, i libri delle raccolte che per generazioni si sono tramandate costituendo uno dei corpi letterari più antichi dell’intera area. Timbuctu, tra il 1300 e il 1400, era una delle città più ricche dell’Africa Sub Sahariana: di oro ma anche di cultura. Astronomia, diritto, teologia, agricoltura, dizionari e diari: il bottino che si è accumulato nei secoli è diventato addirittura mitologico. Quando nel 1591 il Marocco occupò la città, le librerie distrutte e gli archivisti deportati a Marakesh, moltissime famiglie della città nascosero gran parte di quei manoscritti in buche nella sabbia, dentro le cantine, sotto le stuoie delle proprie abitazioni. Nella primavera del 2012 gli eredi di quelle stesse famiglie si sono trovati a fare la stessa cosa per poter proteggere secoli di conoscenza e sapere. Una resistenza all’oscurantismo che ha radici profondamente storiche e che conserva il seme della civiltà.

La prima udienza fissata dalla Camera Preliminare della Corte è per il 18 gennaio 2016 per la conferma delle accuse a carico di Ahmad Al Faqih Al Mahdi, , durante la quale si deciderà se le prove presentate dal Procuratore integrino i presupposti ragionevoli al fine del riconoscimento della sussistenza della responsabilità penale in capo all’indagato, per aver commesso il crimine di guerra di distruzione di monumenti storici ed edifici religiosi. In caso positivo, avrà inizio il processo vero e proprio. Tale caso, oltre a essere il primo in materia di distruzione di beni culturali, è il primo riguardante il conflitto in corso in Mali attualmente in esame presso la Corte penale internazionale.

Per conoscere meglio il patrimonio culturale di questo paese, il Mali, ma anche degli altri paesi del grande continente africano vi suggeriamo di seguire il documentario (in francese, con interviste in inglese) realizzato dalla Fondazione Gerda Henkel dal titolo La cultura del manoscritto a Timbuktu, progetto scientifico a cura del Dr. Shamil Jeppie dell’Università di Città del Capo. Oppure il documentario “Sur la piste des manuscrits de Tombouctou” realizzato da Jean Crépu, in partenariato con l’Unesco.

Per chi si trovasse a Londra, fino al 16 febbraio, è possibile vedere alla PACCAR Gallery, alla British Library (96, Euston Road, London) la mostra “West Africa: Word, Symbol, Song” un percorso che mostra come gli abitanti delle 17 nazioni dell’Africa Occidentale abbiano sfruttato, nei secoli, il potere delle parole per costruire società, guidare movimenti politici, sostenere la fede religiosa e combattere l’ingiustizia. Manoscritti, film, registrazioni audio storiche, libri, fotografie, prodotti tessili: una visione unica su una cultura letteraria profonda e coinvolgente che costruisce un file rouge che unisce il primo Nobel africano Wole Soyinka e uno dei più grandi musicisti come Fela Kuti.

Allargare la nostra conoscenza per alzare la più grande barriera di difesa contro l’oscurantismo fanatico.

Isabella Mancini