Viaggiando si scrive. Si prende spunto. Cartoline? Forse. Testo e foto di Tommaso Chimenti

Lascia fare i vaporetti e i giapponesi che ti scattano foto e pixel sugli zigomi. Lascia stare i gondolieri dalle maglie lise a strisce bianche, ormai grigie, e azzurre, quasi celesti. Lascia stare questo Luna Park di navi come megattere che scaricano migliaia di figure fatte con lo stampino con cappello con visiera, macchina fotografica a tracolla, occhiali da sole, pantaloncini corti, età media settanta. Lascia stare il Ponte dei Sospiri che arrivare al parapetto ti sarà impossibile. Lascia stare i piccioni, corredo essenziale ed esistenziale. Lascia stare, lasciali fare, lasciali correre in questa gara vuota e sorda, in questa corsa sudata da scarpe da ginnastica e indice sul click a scattare come fosse una sparatoria, una mitragliatrice dove in fondo nessuno vince qualcosa.
Entra qua, riparati, fermati. Qui c’è la Venezia dei panni stesi, del fresco. Nessuna calca; al massimo puoi fotografare gli abiti non più sporchi e che adesso sembrano fantasmi morbidi in cerca di braccia da abbracciare, colori su colori in un mosaico silenzioso dove gli unici protagonisti sono le mollette di legno che tengono salde le vele che si gonfiano. Qua dentro nessuna nave solca nessuna laguna, nessun vaporetto ma soltanto intonaco, finestre aperte come occhi a sbattere le ciglia, un pozzo al centro e l’erbetta che cresce tra le pietre bianche e lisce. Si può ancora giocare a pallone tra dentro, tra queste calli dimenticate dai turisti. Per fortuna.