Testo e foto di Daniela Silvestri di WSP

Fotografia in viaggio” è il motto del Festival Cortona On the Move che, giunto alla sesta edizione, non delude le aspettative in termini di qualità e diversità degli autori in mostra e degli incontri organizzati nelle giornate inaugurali di luglio.
Un Festival che, come sostiene il direttore creativo Antonio Carloni, continua ad esprimere “la scelta di esplorare il linguaggio della fotografia attraverso la valorizzazione dell’eccellenza della fotografia contemporanea internazionale, coniugando la presenza di grandi autori affermati e la ricerca di giovani talenti”.
Ogni anno, quindi, il Festival propone un viaggio, interiore ed esteriore, in mondi, culture e situazioni diverse e per certi versi agli antipodi, possibile solo attraverso la meravigliosa grammatica della fotografia.
Anche noi, quindi, abbiamo iniziato la nostra visita a Cortona On The Move in viaggio, partendo in mattinata da Roma verso una delle mete più affascinanti del Belpaese. La Toscana ti accoglie sempre con la sua tavolozza di colori vivaci, i colori della terra e della gente, e prepara al meglio i nostri occhi di stanchi cittadini.

IMG_0195Il primo punto di approdo è Palazzo Ferretti, quartier generale del COTM, luogo di incontri, letture portfolio per giovani (e non) speranzosi fotografi e bookshop.
Ci dirigiamo subito verso le prime due mete che più ci incuriosiscono: il Vecchio Ospedale e l’Ex magazzino delle Carni. I festival diffusi sono sempre affascinanti per la possibilità di una fruizione più attiva dell’opera fotografica, che non si espone semplicemente bensì si mischia all’anima della città ospitante e la fa sua. E in quelle vecchie mura apparentemente abbandondanate, Cortona rivive attraverso le gesta e i protagonisti dei nostri tempi. Attraverso gli sguardi fieri e conpiaciuti degli “Eroi” di Niccolò Rastrelli. Un esercito ecologico in arancione che sfila lungo Vicolo dell’Amorino e ci accompagna verso l’ex Magazzino delle Carni dove, con le fotografie di Lucas Foglia, ci immergiamo nelle zone rurali delle aree meno popolate e più polverose degli Stati Uniti, traformate dal boom dell’industria mineraria e dello sviluppo eneregtico.

È invece un’imersione nella storia e nella trasformazione del vecchio continente quella che ci propongono i fotografi Magnum con “أوروباEUROPA”. Un progetto realizzato insieme all’associazione culturale spagnola Al-liquindoi che, attraverso un allestimento efficace e movimentato fatto di grandi stampe, foto al vivo, poster e testi, racconta il dramma della migrazione. Un viaggio che diventa spesso scelta obbligata e drammatica, ai limiti della sopravvivenza, ai confini con la vita. “أوروباEUROPA” è anche un libro cartaceo e digitale, presentato proprio in occasione del Festival, scritto in quattro lingue e distribuito tra i migranti in 10mila copie.
Dai migranti alle donne vittime della crudele pratica della mutilazione genitale nel progetto “Uncut” della fotografa Simona Ghizzoni e della giornalista Emanuela Zuccalà. Un progetto multidisciplinare, ancora in corso, che getta luce su una realtà drammatica che coinvolge molti Paesi, di cui almeno 27 solo in Africa, a cui si affianca il racconto di storie di successo (in Kenya, Somaliland ed Etiopia) dove la forza e l’alleanza fra donne sono riuscite a sradicare queste brutali tradizioni.

IMG_0174Il Vecchio Ospedale, infine, è anche la sede delle mostre del circuito OFF dedicato ai giovani talenti. Tra gli oltre 1000 progetti pervenuti, sono stati selezionati 5 lavori. Conoscevamo già “Research at the end of the world” di Anna Filippova su Ny-Ålesund, il paese più a nord del mondo che ospita il più grande laboratorio di ricerca sull’Artico. Gelo, casupole, neve e ancora neve che si oppongono ai colori sgargianti, ai salotti retro e al verde di Danesland, il viaggio della giovane fotografa Giulia Mangione alla scoperta della cultura e della nazionalità danese.
Scopriamo con “74” di Christian Werner l’esistenza dello Yazidismo, una delle religioni più antiche al mondo e tra le più perseguitate (si contano almeno 74 genocidi). Anche in questo caso, un viaggio disperato quello dei superstiti che sono riusciti a raccogliere forze e coraggio e raggiungere i campi allestiti dalle ONG. Vittime di soprusi e discriminazioni sono anche le professioniste del sesso protagoniste di “The Longings of the others” di Sandra Hoyn. In uno dei pochi paesi musulmani in cui la prostituzione è legale, nel bordello di Kandapara a Tangail, Bangladesh, lavorano oltre 700 donne, molte delle quali minorenni. Un viaggio di sola andata per molte di loro, fuggite da storie di violenza e che trovano qui un equilibrio precario e sospeso, fatto di nuove violenze, magari meno visibili e per questo più infime, ma anche sprazzi di tenerezza e complicità.

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È fatto invece di speranze, audacia e scoperta il viaggio-vacanza che ogni anno intraprendono tantissimi giovani alla volta dell’Australia. “Working Holiday Visa” di Gabriele Duchi racconta le esperienze dei lavoratori stagionali che tra canguri, barbecue, campi e distese sconfinate rincorrono il sogno australiano, alla ricerca di nuove sfide e opportunità.
Colpisce, infine, anche il lavoro di indagine di Paolo Woods e Gabriele Galimberti sui paradisi fiscali, fatti di società fantasma, colletti bianchi imprigionati in uffici dalle ampie vetrate intenti a studiare il modo per far sempre più ricchi i ricchi, nei lori yacht, nelle piscine esclusive, nelle suite da milioni di dollari. Una narrazione ben costruita e lineare, che mette in luce uno dei fenomeni contemporanei più oscuri.

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Proseguiamo il nostro tour e facciamo un bel respiro prima di immergerci nella vita di Julie Baird. Per chi ama o fa fotografia di reportage, Family Love di Darcy Padilla è uno status più che un lavoro, è quanto di meglio e oltre si possa pensare di aspirare nella vita di fotografi. Perché al di là dei premi e dei riconoscimenti ottenuti da questo lavoro, c’è molto di più. C’è una storia, durata 18 anni, di una donna, delle sue molteplici case, l’AIDS, le droghe, le relazioni, la povertà, la disperazione, le nascite, le morti, e c’è la storia di un incontro, di un legame, tra questa donna e la fotografa che trascende il mezzo, il tempo, la professione e arriva noi. Ci si emoziona e si piange scorrendo quelle immagini cosi terribilmente perfette, cazzotti nello stomaco nel loro essere così dolci e potenti allo stesso tempo.

FullSizeRenderRiprendiamo la macchina e in silenzio, ancora carichi di quelle immagini e di emozioni, ci dirigiamo verso la Fortezza del Girifalco. Una location suggestiva, che domina tutta la valle e regala una vista, banalmente, mozzafiato.
È certamente la location più adatta per ospitare altri due “pezzi da novanta” di questa edizione di COTM. “It’s what I Do” (e lo fai decisamente bene, viene da aggiungere), è una retrospettiva-non retrospettiva sulla fotogiornalista Linsey Addario, curata da Arianna Rinaldo. La guerra civile in Darfur, le vite spezzate delle donne vittime di stupro, i militari americani in guerra e le donne Afgane ci guidano in un viaggio doloroso intorno al mondo alla scoperta di Paesi, problemi e conflitti troppo spesso dimenticati.
Visionario e sui generis il lavoro di Daesung Lee che con “Futuristic Archeology” approccia il tema del cambiamento climatico da una prospettiva insolita e inquietante. Si passa poi al reportage di Luca Locatelli “Mega Mecca”, una meta sempre più spostata verso il lusso che la preghiera, dove impalcature, souvenir, luci e grandi archtitetture si mischiano e finiscono quasi per sopraffare fede e spiritualità.
C’è infine spazio anche per le “piccole storie”. Storie di intimità, piccoli spaccati di vite quotidiane fuori dall’ordinario. Meglio ancora se raccontate dal punto di vista dei bambini, come quelli ritratti da Rachel Papo in Homeschooled. Bambini liberi di giocare e imparare secondo i loro tempi e le proprie attitudini.

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Ci lasciamo per ultimo, da veri golosi della fotografia, il Larry Towell Show, la prima retrospettiva europea del poliedrico artista canadese – in quanto fotografo sarebbe troppo riduttivo nel suo caso – di casa Magnum.
Lo sguardo non sa dove fermarsi, anche se è sempre il piccolo grande cortile della fattoria da cui si snodano le avventure della famiglia Towell a catturare la nostra attenzione. Un fotografo che ha girato e viaggiato per il mondo e che con la sua fotografia umanista ha portato alla luce storie di lotte e sopravvivenza, ha trovato la sua dimensione e massima espressione in quei 75 acri, tra sua moglie, i suoi figli e i suoi animali. Purtroppo non abbiamo il tempo di restare per il suo concerto e per godere anche della sua ottima musica, il suo primo amore.
E sempre a causa del poco tempo non riusciamo a vedere le mostre di Mattia Zoppellaro e della Fondazione 3M.

Riscendiamo dalla Fortezza, godendo ancora dello splendido paesaggio e della tanta e ottima fotografia di cui ci siamo cibati, oltre ai sempre ottimi pici, e apprendiamo che alla fortezza è in corso un interessante progetto.
Dal 2015, l’associazione ONTHEMOVE ne ha assunto la gestione, avviando insieme al Comune un progetto di riqualifica che ambisce a trasformarla in un’Accademia della fotografia e in uno spazio culturalmente all’avanguardia come quelli che tanto invidiamo all’estero.
A tal proposito è anche attivo un crowdfunding dal titolo “FAI VOLARE IL GIRIFALCO” per sostenere il progetto di rilancio e che potete trovare sul sito: www.fortezzadelgirifalco.it
Se non l’avete ancora fatto, vi invitiamo ad approfittare di questi ultimi giorni per visitare il Festival che chiuderà il prossimo 2 ottobre.