Prosegue il viaggio del nostro ‘inviato’ in Scozia: atterra nel pianeta abitato dai glasvegiani e scopre che un Duca dalle glorie guerriere si ritrova con un cono stradale in testa. E che in fondo il nobile si trovi ben con quel copricapo. Vani i tentativi di toglierglielo. I glasvegiani sono gente allegra. Andate a trovarli e fatevi raccontare questa storia…

Testo e foto di Roberto De Meo

UTF-8 Wellington, Glasgow, Scotland

Com’è che un semplice, comune, cono stradale a strisce bianche e rosse è diventato uno dei simboli iconici di Glasgow?

Ce lo siamo domandati vedendo che, nelle vetrine dei negozi di souvenir, compare sempre questo cono.

Lo abbiamo chiesto ad alcuni passanti che sono stati felici di raccontarci questa strana e stravagante storia, che forse non poteva avvenire che a Glasgow…

C’era una volta il Duca di Wellington, sì lui, il vincitore di Napoleone a Waterloo. Per celebrare il suo trionfo, gli abitanti di Glasgow raccolsero i fondi per dedicargli una statua in bronzo mentre monta Copenaghen, il suo cavallo preferito, arricchita da un fregio sul basamento dove vengono glorificate le sue gesta militari. La realizzazione venne affidata al famoso scultore italiano Carlo Marochetti e la scultura venne eretta nel 1844.

Fin qui niente di strano, tutto molto british.

Glasgow: la statua del Duca di Wellington, con in capo il cono stradale, si erge fieramente di fronte all’ingresso della Galleria di Arte Moderna. Qui nel 2023 Bansky ha fatto la sua prima mostra personale.

Senonché, in una buia notte degli anni Ottanta del secolo scorso, un cono stradale, uno di quelli che si usano per i lavori pubblici, comparve sul capo austero del Duca, a mo’ di burla, opera di ignoti buontemponi. Immediatamente la polizia e le autorità comunali lo fecero rimuovere, ma dopo poco il cono riapparve al solito posto.

Questo ‘leva e metti’ è andato avanti per molto tempo, anche per cento volte in un anno (!) , finché nel 2013 il consiglio comunale approvò un progetto di restauro del monumento che avrebbe poi reso impossibile rimettere il cono in capo al Duca. Apriti cielo, quasi una sollevazione popolare: si formò un comitato cittadino che raccolse subito moltissimi consensi e il progetto venne bloccato.

Vicino alla cattedrale a lui intitolata si trova un murales che raffigura San Mungo, il fondatore della città, mentre sta compiendo il miracolo del pettirosso, cui ridette vita prendendolo tra le mani. Mungo, nato a Fife nel 518 e morto a Glasgow nel 603, è venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dall’anglicana e dall’ortodossa.

Il cono, oggi, è sempre lì. Ormai è diventato uno dei simboli di cui i glasvegiani (così si chiamano gli abitanti di Glasgow) vanno fieri, a dimostrazione – dicono – del loro senso dell’umorismo… Ma il cono è anche simbolo dei sentimenti cittadini. Dopo le Olimpiadi del 2012, per celebrare il contributo degli Scozzesi alle medaglie d’oro britanniche, il cono venne tutto dorato. Il 31 gennaio 2020, data dell’uscita dall’Unione Europea, il cappello del Duca venne colorato di azzurro con le dodici stelle, in sintonia con il voto “remain” degli abitanti. Per la morte di Elisabetta il cappello è stato listato a lutto, mentre il Duca è sceso in campo a fianco dell’Ucraina indossando un cono giallo e azzurro.

Ma il massimo riconoscimento il cono lo ha ricevuto da Bansky. A Glasgow l’artista misterioso decise di fare, nel giugno del 2023, la sua prima mostra personale. Bansky definì la statua del Duca con il cono come ‘la mia opera d’arte preferita in Gran Bretagna. Questa è la ragione per cui ho portato qui questa mostra’.

I murales sono una vera passione per i glasvegiani e si trovano dappertutto, sugli edifici antichi, su quelli moderni o anche su quelli in demolizione.

Il cono è la perfetta sintesi dello spirito di Glasgow: una città viva, multietnica, irrispettosa del suo passato, con cantieri sempre aperti, piena di giovani che frequentano le sue università, famosa per i murales che riempiono le pareti di tanti edifici, anche questi spesso provocatori e di rottura. Basti pensare che c’è un murales anche per San Mungo, il santo fondatore della città… Una città spesso dimenticata dagli itinerari turistici,  invece da non perdere perché offre una carica di vitalità rispetto alla classica e ‘vanesia’ Edimburgo (così almeno la definiscono i glasvegiani).