testo e foto di Fabio Bertino

La mimica appassionata di Alexis, la voce profonda di Sofia, il suono dolce e acuto del bouzouki di Markos. La colonna sonora di un pomeriggio a Salonicco. Accompagnato da una musica meticcia, nata ad inizio ‘900 nei bassifondi delle taverne levantine. Il rebetiko, affascinante contaminazione delle culture che si incrociano e si mescolano nel Mediterraneo orientale. Canzoni che raccontano di amori disperati, di hashish, di esilio, di bordelli, fughe e prigioni. L’ho cercato per giorni tra i mille locali della città. E ho finito per trovarlo in una piccola taverna nei pressi del mercato coperto di Modiano. Un intrico di banchi e botteghe che sono un trionfo di pesci, di carni, di olive, di spezie e di olio. Tra richiami di venditori, donne cariche di borse e piccoli caffè. Un mercato creato nel 1922 dall’architetto Eli Modiano che porta nel suo nome una parte fondamentale e tragica della storia di Salonicco. I Modiano erano una famiglia di commercianti ebrei sefarditi originari della Toscana, trasferitisi a Salonicco nel 1570 quando l’Impero Ottomano divenne il rifugio per gli ebrei perseguitati in gran parte d’Europa. Fino all’invasione nazifascista della Grecia quando il 98% degli ebrei della città, che nel XVII secolo costituivano il 70% dei residenti, fu sterminato.

La malinconia del rebetiko, che richiama musiche come blues, tango o fado, accompagna anche questi ricordi.