Testo e foto di Massimo D’Amato

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C’era una volta uno psichiatra, Franco Basaglia: nato a Venezia nel 1924, trascorre un’adolescenza tranquilla e agiata. Dopo aver conseguito la maturità classica, nel 1943 si iscrive alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Padova. Durante gli studi frequenta un gruppo di studenti antifascisti e, in seguito al tradimento di uno di loro, viene arrestato e detenuto per alcuni mesi. Nel 1949 consegue la laurea, nel 1953 si specializza presso la clinica neuropsichiatrica di Padova; nel 1958  ottiene la libera docenza in psichiatria. Per le sue idee rivoluzionarie non viene bene accolto in ambito accademico, così nel 1961 decide di trasferirsi a Gorizia per dirigere l’ospedale psichiatrico.

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Dopo alcuni soggiorni all’estero avvia la prima esperienza anti-istituzionale nella cura dei malati di mente: si eliminano l’elettroshock e tutti i tipi di contenzione fisica, vengono aperti i cancelli. Non più solo terapie farmacologiche, ma rapporti umani rinnovati con il personale. Nel 1968 pubblica “L’istituzione negata: Rapporto da un ospedale psichiatrico”, dove racconta l’esperienza di Gorizia. “L’istituzione negata” si rivela un’opera di grande successo editoriale. Nell’agosto 1971 diventa direttore del manicomio di Trieste; istituisce laboratori di pittura e teatro e una cooperativa per i pazienti, che cominciano a svolgere lavori riconosciuti e retribuiti. Ma ormai sente il bisogno di andare oltre la trasformazione dell’ospedale psichiatrico: il manicomio va chiuso e al suo posto costruita una rete di servizi esterni.

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La psichiatria, che non ha compreso i sintomi della malattia mentale, deve cessare di giocare un ruolo nel processo di esclusione del “malato mentale”, voluto da un sistema ideologico convinto di negare e annullare le proprie contraddizioni, emarginandole e allontanandole. Nel 1973 Trieste viene designata “zona pilota” per l’Italia nella ricerca dell’OMS sui servizi di salute mentale. Nello stesso anno Basaglia fonda “Psichiatria Democratica”, favorendo la diffusione dell’antipsichiatria, una corrente di pensiero sorta in Inghilterra nel quadro dei fermenti rivoluzionari del 1968. Nel gennaio 1977 viene annunciata la chiusura del manicomio “San Giovanni” di Trieste. Il 13 maggio 1978, in Parlamento viene approvata la legge 180 di riforma psichiatrica. (vd. Wikipedia)
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C’era una volta il manicomio: Claudio Ascoli, attore/regista di “Chille de la Balanza”, ha scelto questo titolo per la passeggiata itinerante dentro l’ex ospedale di Firenze; trentacinque anni dopo la morte di Basaglia (1980), gli spettatori possono conoscere San Salvi, progettato dall’architetto Giacomo Roster e costruito nel 1890. Il racconto inizia (foto n.2) con la proiezione delle fotografie nei reparti, immagini bianconero di Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin (Morire di classe, a cura di Franco Basaglia – Einaudi 1969); poi il palcoscenico diventa luogo di detenzione (foto n.3), e due persone vengono legate e bendate (foto n.4): ma lo stile di Ascoli è scherzoso, e altri due tentano di mangiare gli spaghetti usando il cucchiaio; forchetta e coltello erano banditi, in manicomio.

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Comincia la passeggiata, alcune spiegazioni al pubblico e tutti insieme lungo i viali e i padiglioni di San Salvi (foto n.5). Claudio Ascoli ha ideato questo percorso nel 1998, più di cinquecento repliche e 43.000 presenze, e dopo il primo agosto (tromba d’aria a Firenze, ndr) ha dedicato la passeggiata agli alberi caduti: pini, cedri e magnolie; alcuni fatti piantare da Marcello Mastroianni, protagonista nel 1975 del film Per le antiche scale diretto da Mauro Bolognini. E così arriviamo anche in fondo al parco, c’era una volta la pineta. Ma il percorso continua: davanti alla direzione del vecchio manicomio, Ascoli legge una lettera di un paziente che chiede di essere liberato dall’armata rossa del partito comunista italiano (foto n.6). Il racconto di San Salvi finisce, la luna sale tra i rami di un cedro (foto n.7).

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Case Matte: Monza, Genova, Reggio Emilia, L’Aquila, Aversa, Roma, Volterra, Firenze. Dal 5 settembre al primo di novembre, Teatro Periferico (Cassano Valcuvia, Varese) e Chille de la Balanza saranno in viaggio dentro le più conosciute strutture manicomiali italiane, per mantenere la memoria di quanti passarono la loro esistenza e per riconsegnare gli spazi in forme di partecipazione.

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I manicomi si assomigliavano tutti: grandi padiglioni, giardini curatissimi all’esterno, lunghi corridoi, enormi stanze, alte mura di cinta. Dentro tutto il necessario per garantire l’autosufficienza della comunità: cucina, dispensa, lavanderia, sartoria, panetteria, laboratori e officine per materassai, fabbri, calzolai e tessitori, biblioteca, teatro, chiesa, farmacia, laboratori scientifici, sala operatoria, camera mortuaria. Erano città nelle città, mondi chiusi e separati dal resto del mondo. (vd. www.facebook.com/events/1458629667772876/).