Testo e foto di Alfonso Farina

Virgilio, oggi, ha un volto di donna, una storia polacca e una parentesi romana, per studiare.
Capelli di ghiaccio e un sorriso aperto. Asha, o qualcosa del genere, il suo nome.
Raccoglie italiani al chiuso di una sala d’aspetto per accompagnarli giù.
Asha racconta storie di sale, nella miniera di Wieliczka, a una quindicina di chilometri da Cracovia.

La discesa

La miniera è un abisso di oltre 300 metri di cui, tuttavia, soltanto i primi 135 sono visitabili.
Per intenderci, ci si potrebbe infilare, così com’è, la Tour Eiffel.

Dal 1978 il sito è patrimonio Unesco ma la storia della miniera nasce addirittura nel Neolitico, a cui risalgono i più antichi utensili da sale di tutta l’Europa Centrale, scoperti proprio nelle campagne nei pressi di Wieliczka.

Asha ci prende per mano. L’inizio è un’interminabile discesa di scalini in legno che termina di fronte a uno dei grandi portoni che sezionano il percorso tra cunicoli e atrii, avamposti e statue.
E ampie sale: ampie sale di sale.

Incontri

Asha si ferma accanto a Casimiro III, il Re che raccolse una Polonia di legno e la riconsegnò in muratura, anche e soprattutto per i soldi incassati dal sale di Wieliczka. E fu detto il Grande.
Passeggiamo e incrociamo la figura di Copernico, visitatore nel 1493.

É un lento procedere tra pareti d’argento scuro che di tanto tanto lasciano respirare, una minuscola stalattite puntella l’aria mentre un canaletto d’acqua corrente raggiunge un pozzo che resiste di fronte a noi. Asha ci invita ad assaggiare: nessuna sorpresa, acqua salata. E intanto leggende tramandate e storie di anelli donati e spose gentili lungo un sentiero trasparente che rivive ad ogni passo lasciato perché un pavimento di sale si pulisce camminando.

Ma Wieliczka è stata soprattutto vita, lavoro e sudore di minatori, tensione di corde e carrucole, custode di speranza e motivo di preghiera: sulle rocce si erge a protezione una Madonna del ‘600, ancora intatta. E’ così che Virgilio ci conduce, infine, al fiume, nel mezzo dell’abisso, e dall’alto di
una staccionata ci racconta di soldati austriaci rovesciati e di una zattera capovolta.

Il vento ora s’insinua rapido tra le grate di un ascensore che ci spinge su, un carrello che sferraglia in verticale, verso la luce.