GENTE CHE VA/Aspettando il 28: storie e viaggi sul tema del dossier del prossimo numero della rivista, in uscita a settembre

di Davide Predieri

Vedete, sono un viaggiatore di natura, ho passato anche il periodo aia per un po’, ma non è roba per me! Gli spazi aperti sono più nel mio stile!” (Chicken Run, Dreamworks Animation, 2000)

Durante il lockdown quando anche noi campagnoli eravamo per lo più fermi, mi è venuta l’idea di realizzare un pollaio “mobile”. Fondamentalmente per preservare il nostro grande orto biodinamico dalle razzie delle galline, ma anche per offrire alle nostre ovaiole una vita e un’alimentazione varie e stimolanti.

Mi sono dato da fare con un vecchio carretto da tiro per asino, una rete metallica da letto come pavimento filtrante, qualche ondulina di metallo e pannelli di legno e vetroresina di recupero per le pareti e il tetto (apribile). Sulla parte posteriore le cassettine per deporre le uova e tutto attorno 150 metri di rete, ancorata al suolo con dei picchetti tutte le volte che il pollaio si sposta.

È così che è nato il Caravan pollaio.

Le prime abitanti sono state quindici galline di razza Eureka di un paio di mesi, accolte da alcune  “francesine”, pollastre più sgamate ed esperte che hanno guidato le nuove arrivate a salire sulla porta-scaletta e trovare il posto per deporre l’uovo. L’ambientamento è andato bene: alle galline piace dormire in posizione sopraelevata – è un istinto di protezione dai predatori –  e razzolare liberamente, rientrando al coperto solo la notte per dormire, o quando piove, o per deporre le uova.

Il Caravan pollaio si sposta ogni due settimane circa, in modo che le pollastre nomadi possano sfruttare spazi differenti dove trovare oltre all’erba anche lombrichi, bacche, e tutto ciò che di meglio offrono i quattro-cinque ambienti differenti della nostra campagna. Noi aggiungiamo solo un po’ di frumento una volta al giorno e l’acqua quando la stagione è particolarmente secca.

Da circa un mese è finalmente iniziata la produzione di uova, piccole in relazione alla taglia delle giovani fattrici, ma pur sempre – come notava Bruno Munari – “dalla forma perfetta, benché fatte col culo”.

Davide Predieri vive alla Ca’ Bianca, nella bassa reggiana, nel piccolo podere agricolo dove è nato 39 anni fa, poco lontano dall’aia dei sette fratelli Cervi. Sembrerebbe uno stanziale inossidabile, ma in realtà non può fare a meno di muoversi continuamente, di fuori e di dentro: ha fatto l’educatore, l’artista, il musicista, e ora con la compagna, Jessica, ha dato vita a una esuberante azienda biodinamica.