testo e foto di Yuri Materassi

Pochi giorni dopo aver scattato queste immagini in Nepal un violento monsone investì l’intero Paese. La notizia arrivò fino in Italia perché qualche occidentale ci lasciò la vita, insieme a migliaia di indigeni.

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Pochi giorni fa, mentre in Italia si festeggiava il 25 aprile, un’altra notizia da questa altissima e lontanissima terra. Un terremoto di dimensioni catastrofiche, migliaia di vittime, di cui non sapremo mai il numero esatto. Qualche stima arriva a 10.000 vite. Numeri, di nuovo numeri. Le immagini con la scritta news in primo piano, ci mostrano grida, macerie, gente disperata. Nomi di città, Pokara, Kathmandu. Chissà quanti altri villaggi distrutti. Quanti pellegrini. Vediamo il caos. Un caos a cui la gente del Nepal è abituata, insieme alla calma dei grandi spazi e delle imponenti vette. Ma non c’è calma da nessuna parte in questi giorni, c’è la paura. Lo avvertiamo nelle grida, nella disperazione che vediamo sullo schermo. Ci arriva attutita, smussata, via satellite, ma si intravede.

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Questa galleria non vuol essere un omaggio a questa gente. Alla donna che rincorre la gallina, alla contadina che appare dalla nebbia, all’uomo sdentato che sorride, al venditore di peperoncini. Non è un omaggio alla povera gente del Nepal. E’ un modo per esorcizzare il senso di impotenza, la mia nostalgia per un Oriente che ho conosciuto.

 

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