di Alessandro Agostinelli.

Cord Cardinal. All rights reserved.

Vi presentiamo una piccola “introduzione al viaggio” di Alessandro Agostinelli, giornalista e scrittore, tratta dal suo ultimo libro “Honolulu Baby. Avventure hawaiiane di musica, surf, vulcani e chiari di luna” (Vallecchi Editore).
Come ci si deve porre davanti al Viaggio?  Quali sono le spinte motivazionali che ci portano a conoscere un paese, un popolo, e di riflesso noi stessi? Alessandro, che di viaggi se ne intende moltissimo, (è il direttore del celebre Festival del viaggio, vedi le news), prova a spiegarcelo con un linguaggio limpido a metà tra osservazione giornalistica, analisi antropologica e tanta voglia di mettersi in gioco, stravolgere le proprie abitudini e riscoprirsi nuovamente…alle Hawaii*


Ricardo Mangual. All rights reserved.

 “Introduzione al viaggio”

“Chi sono io qui nel mezzo? Non posso raccontare le Hawaii. Posso raccontare soltanto me stesso alle Hawaii”

Viaggiare: non ci sono molti altri modi di visitare più da vicino se stessi. Uscire dalla ricorsività della vita, non perché la vita e le sue abitudini siano una brutta cosa, anzi. Soltanto uscire quando è possibile, perché ci sono più cose in cielo e in terra di quante ce ne siano negli avvertimenti spiccioli che il sistema delle informazioni ci propina quotidianamente. Certo, dovremmo adottare delle precauzioni che scrittori come Canetti, Manganelli e Stevenson ci fanno presenti, anche se le loro non sono proprio letture di viaggio.

Amo le abitudini, non disdegno la scansione settimanale degli impegni, delle responsabilità e degli appuntamenti. Tuttavia certi umani sono una complessità irriducibile e nuotano meglio nel mare della trasformazione che in quello dell’ossessività. Anche per questo sono partito.

Siccome il viaggiare, checché se ne pensi, si adatta più alla pigrizia che alla frenesia, ho deciso di evitare alberghi e durata limitata. Così mi sono accordato con una famiglia hawaiana che abita sull’isola di Oahu e ho vissuto con loro per un periodo più lungo, osservando davvero le Hawaii, come le vedrebbe un residente, anche se  temporaneo. Perciò questa storia è tutta mia. Magari non avrà le caratteristiche narrative topiche di un racconto sui Tropici, e non sarà esaustiva di quelle indicazioni che il lettore si aspetta per organizzarsi, pure lui, il suo lungo volo aereo verso il centro dell’Oceano Pacifico. Sì, perché come dice una guida, di quelle ufficiali e oggettive:

“Distante dalle terre emerse più di qualsiasi altra terra al mondo, l’arcipelago delle Hawaii si erge come un verde faro palpitante nell’immenso blu, il grande Oceano Pacifico”.

Chi sono io qui nel mezzo?  Non posso raccontare le Hawaii. Posso raccontare soltanto me stesso alle Hawaii.

Appena sbarcato dall’aereo sono entrato dentro un film con Elliot Gould o Peter Sellers: quello di Honolulu è l’aeroporto più anni ’70 che abbia mai visto. E poi l’aria. Ogni aria è diversa dall’altra e come i sapori dei cibi è una cosa che si percepisce immediatamente, una sensazione forte e distinta che poi il nostro adattamento biologico evita di sottolineare ancora. Ho percorso tutta la terrazza coperta nella tarda sera hawaiana, con la luce blu del cielo che rifrange il limite della notte senza portarcela mai, anche se è già notte: è proprio quella luce che la modernità ha inventato, mescolandola con la notte più primitiva: una luce notturna tappezzata di infiniti lumini umani che sono le città e tutti i nostri sogni accesi insieme.

Sulla strada ci sono molte auto che vanno e vengono, ma dei miei ospiti ancora nessuna traccia. Vado avanti e indietro con la valigia e lo zaino e poco dopo vedo arrivare una grande Jeep bianca con una bandiera hawaiana legata in cima all’antenna.

Lei assomiglia al Papa: ha il naso uguale. Carol ha il nonno italiano di Canale d’Agordo, era cugino del babbo di Papa Giovanni Paolo I, Albino Luciani; Dan ha la nonna italiana, di Ponza.

Eccoli qui i miei amici: sono allegri, pieni di gioia per il mio arrivo e ogni possibile imbarazzo si stempera in un incontro affettuoso. Mi infilano un “lei” al collo – si chiama così la collana di fiori tipica delle Hawaii con cui qui accolgono gli stranieri al saluto di Aloha.

Ora vivo a casa loro. Carol e Dan sono una bella coppia di ragazzi americani. La casa è sull’isola di Oahu, alle estremità del paese di Kane’ohe. Sono nella stessa isola del Presidente Obama, ma lui è lontano da qui.

di Alessandro Agostinelli | Festival del Viaggio  | Aquista il libro

*presentazione a cura di Marco Turini

Honolulu baby. Avventure hawaiiane di musica, surf, vulcani e chiari di luna

di Alessandro Agostinelli, Vallecchi, 2011