Mare, Mediterraneo 2015Lo chiamano “Il Viaggio”. Con l’articolo determinativo davanti e la “V”. Lo fanno in molti, in migliaia. I miracolati arrivano a toccare le sponde del nord del Mediterraneo. Gli altri non avranno più voce per raccontare la loro storia. Il nostro mare ascolterà invece i loro sogni o desideri? Troverà il modo per lenire l’angoscia di tutti quei sorrisi perduti? Quel Viaggio è il più drammatico che si possa fare e le motivazioni che spingono a compierlo complessamente legate al sistema geopolitico che negli ultimi dieci anni si è trasformato per tutta l’area del Nord Africa e dell’Africa Subsahariana. Lampedusa è da anni che vive immersa nel dramma di questo Viaggio, da Palermo partono verso il nord in centinaia una volta conclusi i percorsi di riconoscimento, con un biglietto del treno in mano e forse un indirizzo dove andare. Francesco Faraci è un uomo di questa terra, fotografo, collaboratore di Erodoto108, ci ha raccontato del Santo Nero di Agrigento, degli uomini del sale di Trapani, del mercato del pesce di Palermo. Oggi è il 25 aprile, Festa della Liberazione ed oggi non possiamo che riflettere con lui su quello che è appena successo, che potrà accadere ancora e sugli effetti che il sistema di non-gestione del Viaggio ha e avrà sulla nostra società.
Isabella Mancini

Ha vinto la barbarie. Ha trionfato, e qualcuno gliene deve rendere merito. Cos’è successo in Italia?
Cosa ne è stato delle persone?
Quando abbiamo abdicato all’umanità?
Sono tante, forse troppe le domande che si accavallano in testa, mentre gli occhi ancora non credono a ciò che hanno visto.
Settecento, si. Anche soltanto uno è di per sé una tragedia, ma un numero del genere è un genocidio, un vero crimine contro l’umanità.
Non tutti la pensiamo allo stesso modo: qualcuno si dichiara felice, per altri invece sono troppo pochi, ne avrebbero voluti di più.
Avrebbero voluto più spettacolo, più sangue, questo non gli è bastato.
Sui social networks si leggono commenti di ogni tipo: “Stiamo a pensare a settecento immigrati che affogano in mare, quando in Italia migliaia di persone affogano nella merda”, oppure, “Per me possono morire pure gli altri che arrivano”. Non finisce qui, c’è anche di peggio.
In questo preciso momento storico ripudio la democrazia perché dà a questa gente il diritto di esprimere, dalla comodità delle loro scrivanie, senza nemmeno sapere di cosa si parla realmente, simili abominevoli concetti senza pagarne le conseguenze.
Settecento. Non smetto neanche per un secondo di ripeterlo, fra me e me. Succede nella mia terra, dal posto in cui sono nato e vivo. In questo paese cui nonostante tutto non smetto di credere fin che è possibile mantenere viva una piccola fiamma di speranza.
Più si va avanti, più le tragedie diventano un’occasione per sputare fuori il veleno, per bruciare in un vortice infernale concetti come solidarietà, amore per il prossimo, poi magari sono le stesse persone che ogni domenica vanno in chiesa, pregano e si battono il petto di fronte a un Dio che se potesse davvero parlare probabilmente non sarebbe buono con loro.
Qualcosa in questa Italia di pazzi non è andata per il verso giusto, si è rotta ed è precitata in un pozzo buio e senza uscita. Possibile che questa gente non provi nemmeno un rimorso o non si sente anche un po’ colpevole per la morte di centinaia e centinaia di persone.
Stiamo sprecando parole, anche queste probabilmente si perderanno nel vento ma il silenzio è diventato troppo assordante per non spezzarlo con un segnale che ognuno di noi è tenuto a dare e non per pulirci la coscienza, ma perché davvero la situazione è ormai intollerabile.
Settecento, dall’inizio dell’anno i migranti morti sono migliaia e non è ancora finita.
Persone, non migranti.

Francesco Faraci