Proponiamo la versione integrale dell’articolo “L’asado e la sovranità nazionale” dello scrittore argentino Lucio Yudicello pubblicato sul numero 8 di Erodoto108 “Elogio del cibo”.

Testo di Lucio Yudicello, fotografie di Andrea Semplici, traduzione di Alessandro Lanzetta

Andrea semplici asado

Arrostire la carne é uno dei metodi più antichi per cucinarla. E noi argentini ce ne siamo appropriati per trasformarlo
in un’istituzione nazionale. E quest’arrosto, per varie ragioni, dovrebbe essere dichiarato monumento nazionale e parte inalienabile del nostro patrimonio.

Il classico arrosto dell’Argentina é di tagli vaccini: il matambre, le costolette, vacio o tapa de cuadril (la copertura allo scamone), ai quali si aggiunge chorizo, morcillas y salchichas parrilleras, oltre a frattaglie come i chinchulines (l’intestino tenue), la tripa gorda o mollejas (l’animella). Tutto questo si griglia sopra un fuoco. E qui cominciano i problemi. Di quanto fuoco c’é bisogno? La fiamma deve essere intensa o graduale? È meglio accumulare la brace o disperderla? È meglio circondare di brace la carne oppure esporla a un fuoco diretto? A che altezza si dovrebbe collolare la parrilla?

A questi interrogativi (che scatenano veementi discussioni) se ne aggiungono altri riguardo al come si deve mettere la carne: sul lato dell’osso o del grasso? È meglio girarla di volta in volta, girarla una sola volta o molte volte? Quanto sale si deve usare? Si deve usare il sale? Bisogna adoperare carbone o legna?  La discussione é interminabile come la varietà di girarrosti o griglie che vanno da una manciata di fili di ferro stesi su pietra a dei mattoni (come el asadito de obra – grigliata in dei muratori o dei braccianti).

Ma la cosa più importante di un arrosto non é la dimensione della griglia bensì la persona che la fa. È l’asador. E in tutte le famiglie argentine c’é un asador incaricato dell’arrosto per la famiglia, ristretta e allargata, e per i matrimoni, la festa dei quindici anni o i battesimi. È onnipotente quando si tratta di arrostire la carne. In queste situazioni, l’asador esercita un potere assoluto in ogni circostanza, qualcosa di simile a quello di un capobranco. Dunque, l’asador, svolge le sue funzioni con la dignità di un sovrano.

Non esiste un decalogo per diventare asador, pero’ sappiamo che un buon fuochista é vanitoso, teatrale, maschilista, possessivo e discriminatore, ma anche generoso, attento, instancabile e stoico. E tutto questo lo trasforma in una specie unica dalle caratteristiche solide e con una chiara ideologia. Non importa sapere qual é il carattere o la particolarità abituale dell’uomo; é importante ricordarsi che appena l’asador assume l’investitura in lui si incarnano tutte le caratteristiche alle quali abbiamo fatto riferimento. Il fenomeno é simile a quello di Clark Kent e Superman. La domenica, intorno a mezzogiorno, l’uomo si dirige verso la griglia, inizia ad accendere il fuoco e prende tutti gli strumenti necessari al suo lavoro: un grande attizzatoio per distribuire la brace, una grande tenaglia per prenderla, una grande pala per sollevarla ed una grande forchetta per girare o togliere fuori i pezzi della grigliata.

Ed é qui che inizia la trasformazione. Quell’uomo non é più l’uomo di tutti i giorni, Clark Kent si é tolto i suoi occhiali, il suo completo e la sua cravatta; adesso é: l’asador! E in quanto tale é vanitoso, quasi presuntuoso. Fare una buona grigliata é arte: dunque, l’asador é un artista e lui lo sa. E’ possibile che un’artista non sia vanitoso? Cosa dovrebbe dunque fare per affrontare l’incomprensione e l’indifferenza? La naturale e logica conclusione di qualsiasi discussione con un asador é la seguente affermazione: “una grigliata si fa così e basta”. L’asador é teatrale. E’ consapevole della sua autorevolezza, come lo é un grande solista o un capo di stato, anche se travestita da modestia e contegno.
Non esiste grigliata che non finisca con qualcuno che inciti: “Un applauso per l’asador!”. Mentre rumorosi applausi approvano la richiesta lui saluterà dalla sua postazione di combattimento, accanto alla griglia,  con lo stesso lieto imbarazzo di un attore o di un musicista che si inchina davanti al pubblico.
Come in tutte le cose, ci sono certi interessi mascherati dietro le quinte di tale commovente siparietto: l’invitato assicura la continuità del servizio e l’asador i suoi privilegi. Una spece di contratto sociale, direbbe Rosseau.

L’asador é maschilista. La grigliata é, secondo lui, cosa da uomini. Nonostante questo, con astuzia sostiene: “La domenica cucino io, mia moglie si riposa” e si fa carico, una volta alla settimana, di soddisfare la propria voracità e quella dei suoi figli. Così rafforza la sana abitudine di tenere la famiglia riunita alla domenica, senza dove lavare le stoviglie, che come sempre, ma questa volta con molto più grasso, resta compito della moglie.

L’asador é possessivo. Non accetta intromissioni nei suoi affari. Non puoi dire a un asador che il fuoco é troppo, o al contrario, troppo poco, si puo’ irritare. Con aria di vergine vessata, brandirà in aria gli strumenti del suo lavoro, li darà all’osservatore gridandogli: “Fallo te!”.

L’asador discrimina. Essere vegetariano o macrobiotico in Argentina conduce all’autoesclusione e alla marginalizzazione. Se uno di questi sfortunati, partecipando ad una grigliata chiederà di mettere tra la carne crepitante un po’ di peperoni o melanzane,  il grigliere lo accetterà con una risata così irritante che rintoccherà per ore nelle loro orecchie e nei loro cervelli.
E poi, non soddisfatto di tutto questo, quando le verdure saranno pronte, il grigliere annuncerà: “È pronto il piatto dei finocchi”. Che non siano connotati virtuosi, é possibile. Dovremmo pero’ soppesarli come si soppesa la morale di un guerriero, questa accozzaglia di oro e di fango dietro all’obiettivo. Inoltre, abbiamo già detto che il grigliere possiede altre qualità.

L’asador é un uomo sacrificato e stoico: appena accetta la sua investitura, si fa in quattro per gli altri, lasciandosi abbracciare dal fuoco nelle più torride giornate estive o affrontando spietate tormente di vento e di sabbia che arrossano i suoi occhi e crivellano la sua faccia. Succede a volte che la legna o il carbone siano di pessima qualità e si consumano senza fare la brace; l’asador, infangato come una creatura dell’inferno, correrà a cercare nuova materia e dovrà moltiplicare i suoi sforzi.
Una minima distrazione o il compimento di imperativi fisiologici possono rappresentare l’istante fatidico in cui il gatto o il cane del vicino rubano il miglior pezzo o addirittura tutto l’arrosto. In tal caso dovrà vergognosamente affrontare lo scherno pubblico del fallimento, così come se si dovesse bruciare l’arrosto o ne uscisse cotto male.
Nonostante le malelingue dicano che il grigliere divora, furtivamente, i migliori bocconi con la scusa di vedere se sono cotti, la realtà é che l’asador offrirà sempre, sempre, la parte migliore alla sua sposa, all’amante, al figlio, all’amico. La sua generosità lo trasforma in un funzionario pubblico.
D’altronde l’asador é una figura istancabile che preferisce di gran lunga l’infarto all’ozio e corre senza riposo dalla griglia ai commensali e da questi alla griglia. Non si riposa mai: non lo vedremo mai seduto insieme a quelli a cui destina il suo impegno. D’altra parte non accetterà mai di essere rilevato dalle sue funzioni, nemmeno in quella di servire i suoi commensali.
L’asador e il grigliere possiedono una loro metafisica. Il fuoco, i tizzoni, la brace lo apparentano con l’inferno.
La sensualità, la dedizione e la delicatezza con le quali il padre, il fidanzato o l’amante riservano il miglior pezzo per la persona amata e lo offrono come fosse una rosa o un gelsomino, lo avvicinano al mondo angelico.
Tuttavia, il grigliere non si trova in un interregno o nel vestibolo di Dante. Nelle sue mani tiene il tridente di Nettuno (ricordiamo la grande forchetta con la quale esercita la sua potestà sulla carne) ed affronta con lui le avversità.
L’asador vive in un lotta continua perché i nemici si moltiplicano. Come per la povera vacca argentina, che viene rinchiusa dalla soia: giorno dopo giorno si destinano più campi a questa coltivazione lucrativa e meno all’allevamento. I vitelloni spariscono, la carne é ogni giorno più dura, i prezzi astronomici. I cambiamenti climatici provocano l’inondazione di grandi regioni di allevamento o le flagiellano con la siccità. Le vitelle affogano o si bruciano. L’asador cerca alternative tra le colombe o altri animali selvatici, che si estinguono con la distruzione del bosco nativo.

L’asador rivolge la sua attenzione ai pesci, che si estinguono per gli effetti inquinanti della grande industria mineraria. L’asadornon abbassa l’arpione: cerca in alta montagna, ma dovrà affrontare il gli scuri avvoltoi.
Non importa: non accetterà mai la sconfitta perché si sente come un bastione immobile della sovranità nazionale. E perché sa, inoltre, come afferma uno dei detti più famosi nel paese, che prima o poi “qualsiasi bestiola che cammina finisce sulla griglia”.

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