Recensione a cura di Arianna Borga

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Fernand Leger non è certo nel novero di quegli autori capaci di attrarre le masse solo per la risonanza del nome e a cui, almeno in Italia, vengano dedicate frequentemente delle mostre. Per questo ho accolto con favore l’esposizione in corso al Museo Correr di Venezia, con l’aspettativa che potesse essere un’occasione per svincolare la figura di Leger da quella, riduttiva, di un esponente secondario del cubismo, facendolo invece emergere come una personalità autonoma e a tutto tondo. Aspettativa che però ritengo sia stata soddisfatta soltanto in parte.

In primo luogo, va detto che la mostra non è stata organizzata dal museo Correr bensì importata direttamente dal Philadelphia Museum of Art, dove si è svolta dal 14 ottobre 2013 al 5 gennaio 2014 e da cui provengono molte delle opere esposte.

Originariamente curata da Anna Vallye, ospita un numero abbastanza nutrito di opere non solo di Leger ma anche di autori come Gris, Robert e Sonia Delaunay, Duchamp (di cui si segnala una versione del “Nudo che Scende le Scale”), El Lissitzky, Mondrian ed altri. Tanto basta a motivarne la visita.

Tuttavia la pratica, sempre più diffusa, di “importare” mostre “già pronte” da sedi estere per le quali sono state in precedenza pensate non garantisce il risultato, anche nel caso del coinvolgimento di istituzioni prestigiose come quella in questione. Il trasferimento di una mostra non è infatti cosa semplice: non la si può prendere “di peso” e riallestire tale e quale in un altro posto, magari a migliaia di chilometri di distanza. Si rendono necessari numerosi aggiustamenti, che vanno ben oltre il fatto ovvio di adattare l’allestimento a un diverso spazio espositivo. Soprattutto, bisogna preventivamente prendere in considerazione il diverso contesto culturale in cui ci si viene a trovare e di conseguenza le diverse esigenze e aspettative del pubblico.

In questo caso, credo che la mostra abbia risentito almeno in parte dello spostamento. Ciò non toglie che il progetto curatoriale possa avere delle debolezze di base.

Il tema portante dell’esposizione è la rappresentazione della città moderna. La curatrice afferma di averla costruita attorno al grande dipinto “La Città”, eseguito da Leger nel 1919, al quale è infatti riservato un posto centrale nel percorso espositivo. Tuttavia come argomento per un discorso su un artista contemporaneo, quello della città non solo non è una novità, ma soprattutto mi sembra piuttosto vago e non certo illuminante: come suggerisce anche la scelta del dipinto che fa da perno alla mostra, quest’ultima sarebbe stata costruita a partire dal nucleo delle opere di Leger possedute dal museo di Philadelphia, cercando di connetterle tra loro in un secondo tempo tramite un tema che fosse abbastanza astratto e generico da adattarsi a tutte. Ciò risulta in ogni caso riduttivo, e si potrebbe anche riceverne l’impressione fuorviante che Leger nella sua carriera abbia dipinto quasi esclusivamente vedute di città. Tuttavia nel susseguirsi delle sale il tema si specifica attraverso i numerosi ulteriori spunti che emergono dalle opere, anche se in maniera un po’ confusa e non sempre coerente.

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Fernand Léger, La città, 1919. Olio su tela, 231,1 x 298,4 cm. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art, A.E. Gallatin Collection, inv. 1952-61-58

In particolare, troppo povera appare la prima sezione, dedicata alle opere precedenti la Prima Guerra Mondiale: una fase questa sommamente importante per lo sviluppo di ricerche stilistiche che avranno un seguito nella produzione degli anni ’20 e ’30, trattata invece più diffusamente. Di questa fase pre-bellica si segnala, presente in mostra, “Fumi sui Tetti”, dipinto in cui, a partire da un soggetto naturalistico come la vista dalla finestra del proprio studio, Leger avvia la ricerca sull’intersecazione e il contrasto di forme curvilinee (il fumo) e ampie superfici piatte dai contorni spigolosi (i tetti): ricerche che saranno il leitmotiv di tutta la sua produzione successiva, nonostante la cesura costituita dalla guerra, e di cui possiamo vedere gli sviluppi nelle opere delle sale seguenti. Ma in mostra, il salto da “Fumi sui Tetti” alla fase postbellica appare un po’ troppo brusco. Ciò significa che per una piena comprensione dello sviluppo stilistico dell’artista sarebbero richieste delle conoscenze pregresse sull’artista stesso, che è ben difficile aspettarsi dal pubblico medio.

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Fernand Léger, Fumo sui tetti, 1911, olio su tela, 45,7 x 54,9 cm. Collezione privata. Courtesy of Luxembourg & Dayan

Le sezioni dedicate alla produzione successiva alla guerra sono certo più ricche. In particolare, le sale meglio riuscite sono quelle dedicate ai rapporti di Leger con la pubblicità e lo spettacolo, nelle quali i dipinti sono accostati a manifesti pubblicitari dell’epoca e ad alcuni suoi diretti interventi in questi campi, quali scenografie, disegni di costumi per balletti, copertine di riviste e manifesti cinematografici.

Ma gli esiti più avanguardistici dell’attività di Leger possono essere individuati nel suo coinvolgimento con la tecnica cinematografica: dal contributo alla scenografia de “L’inhumaine” di Marcel L’Herbier, alla produzione del cortometraggio“Ballet Mecanique”, proiettati opportunamente in mostra assieme ad altri film d’avanguardia degli stessi anni, come “Anemic Cinema” di Marcel Duchamp ed “Entr’acte” di René Clair e Francis Picabia. Un’occasione quindi fruttuosa per vederli accostati alle opere che ne costituiscono il contesto artistico e culturale ed effettuare gli appropriati confronti.

Tutti questi interventi contribuiscono a dare una visione più ampia e completa dei numerosi interessi di Leger e della sua applicazione in campi che sconfinano con la cultura popolare e di massa, e intessono un dialogo proficuo con i dipinti esposti, nei quali vediamo all’opera le stesse dinamiche. Soluzioni stilistiche come l’uso di campiture piatte e colori accesi riecheggiano il linguaggio della grafica pubblicitaria, mentre in “Paesaggio Animato”, dipinto del 1924 che inspiegabilmente apre la mostra, possiamo vedere come il linguaggio del cinema stesso sia penetrato nell’opera anche pittorica di Leger. Il taglio compositivo scelto, la gamma di colori virata sul bianco e nero, la tipologia dei personaggi raffigurati e il titolo stesso del dipinto sono indicativi di quest’influenza.

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Fernand Lége, Paesaggio animato, 1924, olio su tela, 49,5 x 65,1 cm. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art, donazione Bernard Davis, inv. 1950-63-1

L’ultima sala è dedicata ai rapporti con il Neoplasticismo di Mondrian e Van Doesburg, che non solo si rivelano molto vicini a Leger, ma le cui stesse soluzioni formali sembrano essere state anticipate dalla sua opera.

Nel complesso, il tema che emerge di sottofondo dalla mostra è il legame di Leger non solo con la città ma più in generale con la vita moderna e i nuovi meccanismi di produzione e comunicazione. In questo contesto, Leger emerge, accanto ad altri grandi autori della prima metà del ‘900, come uno tra i primi pittori ad aver compreso la portata dei cambiamenti in atto nella sensibilità e nel gusto:

“Se l’espressione pittorica è cambiata, è perché la vita moderna l’ha richiesto…. La vista dal finestrino della carrozza ferroviaria e dell’automobile, unita alla velocità, ha alterato l’aspetto abituale delle cose. Un uomo moderno registra cento volte più impressioni sensoriali rispetto a un artista del diciottesimo secolo…. La compressione del quadro moderno, la sua varietà, la sua scomposizione delle forme, sono il risultato di tutto questo” (Fernand Leger, 1914).

Per lui, nato nella campagna francese a fine ‘800, forse più che per altri, la città rappresenta soprattutto il punto in confluiscono tutte le dinamiche caratteristiche della modernità.

La mostra è visitabile fino al 2 giugno 2014 al Museo Correr di Venezia.

www.mostraleger.it

 

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Laureata in Discipline dell’Arte, Musica e Spettacolo, attualmente vive a Firenze dove studia Storia dell’Arte, passione che coltiva fin da piccola.La sua gioia è visitare musei e città d’arte e in futuro vorrebbe fare la curatrice di mostre. Nel frattempo critica quelle degli altri, e nel tempo libero si diletta anche a dipingere.