Testo e foto di Angela Mori

Un giornata di ordinaria violenza fra le strade di un villaggio palestinese vissuto in prima persona da una viaggiatrice fiorentina.

DSC00139

Dopo aver sbagliato strada due volte ed aver chiesto almeno a cinque persone dove si trovasse questo villaggio, finalmente il tassista è riuscito a portarmi a Kufr Kaddoum.

Più volte mi ha chiesto  dove lasciarmi ed io, pensando di dare l’unica informazione che contasse davvero, ho sempre risposto “dove c’è la manifestazione”, ma lui non sembrava nemmeno capire di cosa stessi parlando. Continuava a chiedermi se avevo il numero di telefono di qualcuno da poter contattare per farsi dire dove lasciarmi, ed io continuavo a ripetergli di lasciarmi vicino alla manifestazione.

Erano poco più delle  nove di mattina ed essendo venerdi, giorno di festa,  per le strade del villaggio poi, non c’era quasi nessuno. Un signore, al quale il tassista ha chiesto per l’ennesima volta dove fosse questa benedetta manifestazione, gli ha fatto capire di lasciarmi davanti al minimarket.

Cattura

Sono entrata dentro.

Subito sono stata accolta con cordialità dalle persone presenti in quel momento, quasi  sapessero che dovevo arrivare.

Sono abituati a vedere gli stranieri che arrivano a Kufr Kaddoum il venerdi.

Mi hanno detto che la manifestazione sarebbe stata intorno all’una, dopo la preghiera alla moschea.

Nel frattempo sono rimasta al negozio a chiacchierare con Moan, Wasim, Riad e i vari avventori che entravano per acquistare.

Alcuni bambini sono entrati a comprare le patatine. Uno di loro aveva a tracolla un piccolo canocchiale.

Mi è tornato alla mente quando da bambina, col mio babbo, andavo il 24 giugno, di notte,  in cima al poggio delle Prata, a vedere con il canocchiale i “Fochi di S. Giovanni”.

Ho pensato “che bello vedere un bambino giocare con il canocchiale”.

Dopo un’oretta sono andata con Moan a casa di Murad Shtaiwi, che si trova proprio di fronte al minimarket.

Murad, che è il portavoce del comitato popolare di Kufr Kaddoum, mi ha raccontato delle lotte che gli abitanti di questo villaggio portano avanti da 12 anni, cioè da quando i militari israeliani hanno chiuso la strada principale, impedendogli di passare davanti alla colonia israeliana di Kedumim, e costringendoli quindi a raddoppiare il percorso ed i costi per poter raggiungere Nablus, perchè obbligati a passare da un’altra strada.

A casa di Murad c’era anche una troupe della TV palestinese che ogni settimana, insieme a molti altri reporters palestinesi e addirittura israeliani, viene a riprendere la manifestazione.

Anzi, la battaglia. Si, perchè di battaglia si tratta. E di inaudita violenza.

DSC00153

Ci ha offerto la colazione. Mentre mangiavo, rimuginavo su quello che mi era stato detto di quella manifestazione. Ho chiesto a Murad se era pericolosa. Mi ha guardata e mi ha sorriso.

Stavo per dirgli “non me la sento di venire. Vado di là al negozio e sto lì chiusa fino a quando non è finita”. Mi ha rassicurata dicendo “non preoccuparti. Ti dirò io fin dove arrivare”.

E così, quando ha detto andiamo, mi sono alzata e l’ho seguito.

Erano solo le dieci e mezzo ma già gli abitanti  del villaggio cominciavano a scendere in strada.

Murad mi ha detto che tutti hanno un compito ben preciso nell’organizzazione della manifestazione.

Mi ha spiegato tante cose.

I soldati israeliani già dal mattino cominciano ad appostarsi sopra la collina e a sparare. A volte rimangono nascosti per ore ed ore sopra gli ulivi per poi scendere giù quando arrivano i manifestanti sparando “rubber bullets”, gas lacrimogeni e inondando l’aria del villaggio con la “skunk water”.

Si, sparano i soldati israeliani. E non aspettano nemmeno che cominci la manifestazione. Iniziano al mattino presto e vanno avanti anche tutta la giornata.

Sparano i lacrimogeni dentro le case, si appostano sopra i tetti delle case e sparano alla gente in strada.

DSC00182

Lungo la strada che stavo percorrendo, alcuni ragazzi formavano le barricate con delle grosse pietre.

Un uomo è arrivato con il trattore carico di pneumatici che alcuni bambini hanno preso ed hanno fatto rotolare fin sotto il ciglio della strada. Qualcuno gli ha dato fuoco e un fumo nero, denso ha cominciato a salire al cielo.

DSC00160

Ho chiesto a Murad il perchè. “Il vento spingerà il puzzo verso la colonia. E’ il nostro modo per rispondere ai lacrimogeni” mi ha risposto.

Ho visto in lontananza, sopra la collina, alcuni soldati. Ho visto altre persone con il canocchiale e solo allora ho capito che non serviva per giocare.

Ho visto bambini con la maschera antigas a tracolla come se fosse lo zainetto della scuola.

DSC00190

Ho visto giornalisti, fotoreporter, cameramen con il giubbotto antiproiettile, l’elmetto e la maschera antigas come se fossero in  guerra.

Ho visto altri soldati schierati in mezzo alla strada  pronti a sparare. Poi hanno cominciato la battaglia, e i ragazzi per difendersi hanno risposto alle armi con il lancio delle pietre.

Quando ho sentito i primi spari dei lacrimogeni sono arretrata.

Poco dopo ho visto un ragazzo portato via dai suoi compagni perchè colpito.

DSC00191

Verso l’una è cominciata la manifestazione. Gli abitanti di Kufr Kaddoum marciavano come ogni venerdi con le bandiere palestinesi e il megafono, andando incontro ai soldati per rivendicare  il diritto alla riapertura della loro strada.

I soldati hanno ricominciato a sparare lacrimogeni e rubber bullet. Anche venerdi scorso, come ogni venerdi, ci sono stati sei ragazzi feriti, uno dei quali ha perso un occhio.

DSC00203

Ad un certo punto, mentre mi trovavo sul margine della strada, cercando riparo insieme ad altre persone, con la schiena schiacciata sul muro di cinta di una casa, ho sentito un ragazzo accanto a me parlare animatamente al cellulare. Mi sono voltata verso di lui.

Le uniche parole che ho capito che diceva sono state “Barcellona” e “Juventus”. L’ho guardato sbalordita.

La normalità del quotidiano in quel contesto di inaudita violenza, ha reso quell’attimo una boccata d’ossigeno dalla follia umana.