Foto di Alberto Sfoggia, testo di Francesca Breda

In questo tempo di ritiro, in cui il nostro spazio si è ristretto all’interno del confine domestico, il mio pensiero va ad una città di confine, Gorizia.

Gorizia - Valico di Via Vittorio Veneto
Gorizia – Valico di Via Vittorio venteo

Qui, dopo la Seconda guerra mondiale, viene tracciata la frontiera italo-jugoslava. Non separa solo due stati ma l’Europa occidentale da quella orientale. Una divisione fisica ma anche simbolica, ideologica. In un paradossale improvviso, c’è chi si ritrova con la casa da una parte e il campo dall’altra, chi addirittura rischia di avere l’abitazione tagliata in due. Ci sono famiglie che non possono riunirsi.

La ciclabile sul lato italiano del valico di V. San Gabriele


Stesso destino per gli spazi pubblici, ad esempio la piazza della stazione della Transalpina.

Piazza della stazione della Transalpina, dove sorgeva il muro di confine

A Gorizia i segni di questa frantumazione sono ancora visibili e aiutano ad immaginare la vita in quel secondo dopo guerra: le sbarre, il recinto, i muretti, la segnaletica.

Ci sono però anche altri segni, i segni del desiderio dell’incontro, dell’apertura, della curiosità per ciò che di diverso esiste dopo il limite.

Recinzione lungo il confine

Penso alla recinzione costruita per separare: testimone della disperazione ma anche del sogno di andare oltre, di rincontrarsi. Desideri che nel tempo si sono realizzati, come nella “domenica delle scope” del 1950 in cui i goriziani rimasti in Jugoslavia furono autorizzati a passare il confine per riabbracciare amici e parenti, tornare insieme nelle osterie e nei negozi in un clima di festa.

L’ospedale psichiatrico, altri segni. Qui, negli anni Sessanta, ha lavorato, come direttore, Franco Basaglia.

L’ex ospedale psichiatrico dove operò Basaglia

Il suo pensiero e il suo lavoro hanno trasformato per sempre la psichiatria, oltrepassando una barriera che fino a quel momento era rimasta invalicabile: quella tra sani e malati, tra salute e malattia mentale.

L’ex ospedale psichiatrico dove operò Basaglia (particolare)

In una terra di separazione, Basaglia mette al centro della terapia l’incontro, la relazione umana tra utenti e operatori che, insieme, collaborano per la guarigione.

Ricordando questo viaggio a Gorizia, chiuso a casa mia in questo particolare momento, mi appare evidente la doppia natura del confine: esiste e ci fa sentire sicuri, ma in questo suo esistere porta, a volte nascosto a volte sfrontato, il desiderio valicare e la curiosità per ciò che è al di là.

Muro di confine situato nel parco dell’ex ospedale psichiatrico