Testo e foto di Luisa Fazzini

Penso alle città, guardando la montagna. Sto cercando di capire la dinamica di un fascino diverso. Entrare dentro al sentire per coglierne la linea di sguardo. Le definizioni geografiche sono utili, ma non complete per la ricerca di un senso. Siamo parte di un Tutto che abbiamo frammentato in oggetti di conoscenza per dare una risposta alle domande che ci attraversano in un determinato contesto temporale di civiltà. Nella mia professione posso insegnare la risposta che in quel momento ci mette d’accordo. Ma avverto che non basta. Il paesaggio si definisce in noi attraverso le emozioni che sono prima di tutto sensoriali, quello che vedo, che sento, che tocco, che annuso, e poi relazionali, nel continuo rapporto trasformativo con lo spazio e nell’interazione con gli altri nello spazio.

Che cosa c’è di diverso nel “percepire” la natura o una costruzione umana? Quando entriamo in una dimensione naturale siamo in connessione. Quando siamo dentro una città invece ne osserviamo la stratificazione urbanistica. La differenza è qui. Della natura siamo una parte, dell’antropico siamo gli artefici. Nel primo caso siamo di fronte all’indicibile, nel secondo conosciamo le regole. Nel primo caso vibriamo, nel secondo decodifichiamo. L’equilibrio è nell’attingere all’indicibile per applicarlo a un contesto artificiale, essendo l’abitare la congiunzione primaria del rapporto tra persona e ambiente. Le città con le loro architetture sono la concretizzazione del punto di incontro tra la dimensione umana e quella naturale nella ricerca di una risposta ai nostri bisogni.

Se per la definizione di una città siamo in grado di trovare tutte le parole perché costruita dagli esseri umani, per la sua percezione dobbiamo tenere conto della soggettività di interpretazione. La stratificazione temporale e lo sguardo personale rendono la città un oggetto di analisi molto sfaccettato nella narrazione del suo divenire e della relazione con noi stessi.
La collana “Le città invisibili” di Bottega Errante raccoglie racconti di città di cui si possono trovare parti in dossier di Erodoto 108, come nel n° 29 su Napoli e nel n° 33 su Milano.
La pagina di letteratura in una lezione può avere differenti funzioni: ad esempio porre ordine nel caotico modo di vedere la realtà, dare un’immagine ai sentimenti confusi, fornire vocaboli alle percezioni di un paesaggio noto, avvicinare al senso di un luogo vicino o lontano, alimentare la fantasia e il desiderio di esplorazione, aprire su differenti prospettive e far sorgere domande. La letteratura crea uno spazio esperienziale che ha sede nell’immaginazione geografica e nelle emozioni individuali. La letteratura dunque si innesta nell’educazione alla percezione dei paesaggi reali o virtuali e al sentire soggettivo. Nella formazione del cittadino diventa uno dei veicoli per il coinvolgimento nei valori di un territorio e favorisce lo sviluppo della consapevolezza della necessità della tutela.

“Geografica” di Erodoto 108 propone un percorso di spunti di approfondimenti sulle città per la costruzione di una lezione.
Cominciamo riproponendo qui un live registrato a dicembre con autori di “Le città invisibili”: Marco e Chiara Aime (Torino), Marta Perego (Milano), Roberta Bigiarelli (Sarajevo). Quali pagine dei loro libri potrebbero essere usate in classe e perchè?
Link (diviso in due parti): https://fb.watch/aRaE4GGkOT/ https://www.facebook.com/watch/live/?ref=watch_permalink&v=236618628551573

Si continuerà a inizio marzo con un workshop su Napoli per docenti con attestato AIIG per il quale a breve verranno aperte le iscrizioni. Il percorso si concluderà a fine mese con un articolo di un’autrice finlandese che ci proporrà una sensibilità naturalistica nordica nell’interpretazione della struttura delle città. Seguiteci!