Babbo Natale ha una lunga storia. Il suo avatar era San Nicola, vescovo san Nicola di Myra (oggi Demre, in Turchia). Come è stato possibile e quali trasformazioni fino ad arrivare a Father Christmas, distributore di bevande gassate?

Testo di Carla Reschia

Di che cosa, o meglio di chi stiamo parlando, quando parliamo di Babbo Natale? Nulla è più elusivo e multiforme del vecchio testimonial della Coca Cola che in questi giorni appare su biglietti di auguri e meme, si arrampica su finestre e balconi, e vive il suo ennesimo e annuale momento di celebrità nel mondo occidentale, ma non solo.


Il nome con cui è indicato nei paesi nordici, Santa Claus, da Sinterklaas, in olandese – ma anche Sint Nicolaas e, nelle varianti inglesi Saint Nicholas e St. Nick – porta direttamente al più antico e inaspettato dei suoi avatar: san Nicola, vescovo di Myra, allora in Licia, provincia dell’Impero romano e oggi, diventata Demre, in Turchia. Era un vescovo considerato il protettore dell’infanzia dal giorno in cui, si narra, ritrovò e riportò in vita tre bambini rapiti, uccisi e messi in salamoia da un oste orco. San Nicola, o Nicolò, è anche uno dei pochi santi comuni a cattolici e ortodossi.


Per questo, quando Myra venne conquistata dai musulmani, nel 1087, si avvertì l’urgenza di recuperare le sue spoglie, che fino a quel momento avevano riposato in pace nella cattedrale di Myra. Fu una serrata competizione tra Venezia e Bari e vinse quest’ultima. Sessantadue marinai organizzarono una spedizione, riuscirono a impadronirsi delle ossa e le portarono a Bari il 9 maggio 1087. Qui, dopo un’attesa in un monastero benedettino, furono trasferite nella cripta di una nuova chiesa a lui dedicata, la basilica di San Nicola, inaugurata da papa Urbano II. Da quel momento divenne Nicola di Bari, oggetto di un incessante pellegrinaggio da Est e da Ovest. Restarono, per disattenzione o per generosità, chissà, alcuni ossicini che furono prelevati in seguito dai marinai veneziani ritardatari e oggi sono custodite nella chiesa di san Nicolò al Lido. Avanzarono anche l’omero sinistro, ospitato a Rimini, e altre ossa, sparse in giro per l’Europa.


San Nicola è un patrono generoso: protegge adulti, marinai, mercanti, arcieri, bambini, prostitute, venditori ambulanti, farmacisti, avvocati, prestatori di pegno, detenuti. È, ovviamente, il santo patrono di Bari, ma anche di Lecco, Ortueri, Sassari, Amsterdam e della Russia.


San Nicola porta doni, però, almeno nella sua versione originale, non a Natale, bensì nel giorno della festa, il 6 dicembre o la sera del 5. Un’usanza che va dai Paesi Bassi al Belgio, alla Polonia, al Lussemburgo, alla Francia del nord all’Austria e, in Italia, a Trieste.


Nei paesi scandinavi, San Nicola ha ereditato l’uso di portare doni dalla divinità precedentemente incaricata di questo compito, Odino, ma nella sua figura c’è anche qualcosa dello spirito incarnato della bontà natalizia di tradizione britannica, citato anche nel Canto di Natale di Dickens. La sua prima rappresentazione risale al XVII secolo: un uomo barbuto e corpulento, vestito di un mantello verde lungo fino ai piedi e ornato di pelliccia. E in effetti il verde è il colore tradizionale della sua veste, che lo apparenta alla razza degli elfi. Appare così, come dono di un ambasciatore norvegese, anche nel palazzo nordcoreano che conserva i regali ricevuti dalla dinastia comunista dei Kim, desideroso evidentemente di evitare il capitalistico rosso Coca Cola.


Anche se la vulgata del vestito verde diventato rosso quando, negli Anni ’30, disegnatore della multinazionale, Haddon Sundblom, utilizzò Babbo Natale per la sua pubblicità, è vera solo in parte. Le prime illustrazioni di Babbo Natale in rosso appaiono in tempi non sospetti su delle cartoline realizzate a Boston nel 1885 dal tipografo Louis Prang e nel 1863 l’illustratore Thomas Nast lo raffigurò in giacca rossa sulla rivista statunitense Harper’s Weekly.  Si completa così la metamorfosi: dal San Nicola bizantino, alto, snello e minuto vestito di bianco e oro, a cui occasionalmente si aggiungeva una cappa rossa, all’elfo britannico incanutito e ingrassato, fino al debordante Father Christmas dispensatore di bevande gassate.


Tra il 6 e il 25 dicembre, si inserisce, il 13, un altro portatore di regali, una donna per la verità, Santa Lucia. In genere accompagnata da un asinello, con una corona di candele in testa- non per nulla è la santa anticipatrice del solstizio, che riporta la luce dopo i giorni più corti dell’anno – fa concorrenza e a volte affianca in diverse regioni d’Italia e in molti paesi europei, tanto San Nicola come Babbo Natale.


Ultimo, almeno fino alla Befana, ma non meno importante, anche Gesù bambino reca regali nella notte della sua nascita, a Betlemme. Quel 25 dicembre mutuato direttamente dal giorno dedicato a Mitra, il dio del sole invincibile, il sol invictus, dall’imperatore Costantino quando, nel 330 d.C. si convertì al cristianesimo e trasformò la divinità più amata dai legionari in un bambino biondo e riccioluto.