La natura selvatica di una costa pugliese. Una doppia riserva naturale: mare e terra. Le tartarughe da salvare. Una area di pesca sostenibile. Un luogo in cui cercare speranze e futuro.

La torre aragonese che dà il nome alla riserva naturale

Al Gawsit, Guaceto, il luogo dell’acqua dolce. Da tempi immemorabili centro di
transiti e commerci attraverso tutto il Mediterraneo, la costa ricca di lanche, acquitrini
e lagune raccolta attorno alla torre aragonese, oggi è una riserva naturale e un’area
marina protetta, l’unica con Ventotene ad avere sia una zona marina sia una
terrestre.
Una passeggiata lungo i sentieri dell’oasi è una finestra su quella che un tempo era
la regola sulla costa del Salento: scogli, dune dove nidifica il fratino, canneti,
macchia mediterranea, piccole baie di acqua limpidissima con spiagge di conchiglie,
un silenzio interrotto solo dallo sciabordio delle onde e dal canto degli uccelli.
È un angolo di natura salvato, facile e piacevole da visitare, una spiaggia da
esplorare sopra e sotto la superficie del mare, dove si stendono praterie di
posidonia, ma è anche un bell’esempio di come si possano conciliare tutela e utilizzo
(consapevole) delle risorse. Perché Torre Guaceto è un modello internazionale di
pesca sostenibile, è tra le prime 16 aree naturali al mondo per buone pratiche e
tutela ambientale e ha da poco avviato un progetto per proporsi come candidata
italiana nel 2025 al riconoscimento dell’Unesco.

L’antico porto, in epoca romana era un approdo importante per i traffici in tutto il Mediterraneo


Nei suoi 1.200 ettari, con un fronte marino di 8.000 metri, si concentrano operatori
turistici, ristoranti, B&B, certificati, che hanno eliminato la plastica, attività agricole,
pesca, e il centro di recupero per le tartarughe marine “Luigi Cantoro”, dove gli
esemplari feriti o malati, troppo deboli per sopravvivere al mare, trovano vasche e
assistenza specializzata e possono riprendere le forze prima di tornare in libertà
Nella parte agricola, 864 ettari, il 77% del totale, si trovano numerose coltivazioni
biologiche, dalla vigna, agli uliveti dell’olio extravergine, sino al pomodoro Fiaschetto,
una cultivar storica abbandonata nel corso degli anni in favore di varietà selezionate
geneticamente e qui recuperato e diventato presidio Slow food. In mare, è
autorizzata l’attività solo con impiego di reti a maglia larga, tecnica che permette di
scongiurare la cattura dei pesci giovani. Una tutela stringente che, senza impedire la
pesca, ha permesso il ripopolamento dell’intera costa salentina.
Alla nascita del Consorzio di Gestione, nel 2001, la percentuale di agricoltura
biologica nell’area, che oggi è del 30%, era pari a zero. Per incentivarla, è nato il
progetto Oro del Parco, con l’assegnazione di un marchio a chi produce all’interno
dei terreni agricoli della riserva utilizzando il metodo biologico.
Ma non c’è solo natura. Al centro dell’area tutelata, la torre, simbolo della riserva, è
la più grande tra le cosiddette torri “a base quadrata vicereali” o “tipiche del Regno”,
costruite in Terra d’Otranto durante il Regno di Carlo V a seguito dell’editto impartito
nel 1563 dal viceré di Napoli don Pedro Afán de Ribera, Duca d’Alcalà, per difendere
le coste dalle scorrerie dei turchi.
Progettata per l’autosufficienza, con un vano adibito a cisterna in cui venivano
convogliate le acque piovane e in una posizione strategica che consentiva di
controllare la rada portuale e comunicare visivamente con le postazioni costiere più
prossime, Torre Guaceto o Gausiti, era considerata particolarmente preziosa per la
presenza di acqua dolce nelle vicinanze, per la possibilità di sbarco e per la
conformazione facilmente difendibile grazie a una vasta palude che divide il

Uno dei prodotti biologici delle aziende agricole della riserva

promontorio dalla terra ferma. La zona, infatti, è definita dal geografo musulmano
Edrisi nel 1164, “Gaw sit”, dalla radice “gau”, acqua dolce e “wadi”, fiume, canale,
corso d’acqua.
Del piccolo ma importante porto mercantile di Guaceto parlano le fonti medievali,
perché, fin dall’antichità, era un punto di scambio e di commerci.
Oggi, la cinquecentesca torre di guardia è un museo storico-archeologico che
racconta la storia del territorio. Offre la ricostruzione in dimensioni reali di un’antica
barca da trasporto romana, con il suo carico di anfore olearie e vinarie e una vista
totale dello splendido paesaggio circostante che un diorama mette a confronto con
quello che doveva essere l’aspetto di questo tratto di costa attorno al V secolo d.C.
quando il livello del mare era 2 metri circa più basso di quello attuale e su uno degli
isolotti davanti alla torre c’era un faro che segnalava alle imbarcazioni l’accesso più
sicuro alla rada.