Viaggio nell’Occidente lucano, la regione più ‘selvatica’ d’Italia. Avventure fra un mare solitario e montagne sorprendenti. La bellezza di Maratea, la salita al Cristo Redentore, il ponte sospeso di Castelsaraceno, i riti arborei dei boschi. E un negozio di alimentari a Rivello

Testo e foto di Luca Vivan

Maratea, il nome di un regno lontano, là nel mondo della fantasia e della magia, e chissà, forse lo è per il viaggiatore che da Nord attraversa l’Italia in cerca di luoghi non comuni, in cerca di storie differenti, nel Sud che non ti aspetti. E poco importa se il nome di questa parte di Lucania pare provenga dall’antico greco Marath-ia, ovvero “la finocchiaia” (da marathus, “finocchio”), cioè “terra di finocchi”, data la grande diffusione del finocchio selvatico, che costeggia con i suoi alti steli i bordi dei sentieri e delle strade. 

Anzi, l’origine greca ci porta ancora più lontano, dentro le storie ancestrali, quelle del mito, che veleggiavano insieme alle barche dei Micenei e dei Greci “classici”, che dalle grandi isole di Creta e Cipro andavano fino a Marsiglia, facendo sosta proprio in questo lembo di Tirreno, famoso per l’indole pacifica delle sue genti.

Ed è la quiete che attira anche il viaggiatore moderno, soprattutto se hai il privilegio di giungere qui “fuori stagione”, nell’autunno appena iniziato, che qui a Sud ha ancora il sapore dell’estate, delle colazioni all’aperto, degli ultimi bagni a mare, in questo Tirreno generoso di sfumature di blu e di una costa disegnata da qualche divinità benevola, forse in ricordo di quella Grecia mitica, in cui veniva adorato.

Io arrivo quasi sospinto da un temporale che ha addensato nubi sul Vesuvio e che mi ha accompagnato per tutta la Campania del sud, dove gli Appennini mi sorprendono, così verdi e rigogliosi. Le terre brulle, secche e aspre, che uno si aspetta nel Meridione, qui sono montagne che dal mare turchese si alzano ricoperte di querce, faggi e carpini. 

Persino il borgo di Maratea, con i suoi negozi che richiamano tempi meno severi e più rilassati, con la sua aria dolce, di paese mediterraneo, è abbracciato da un bosco fitto. E nei vicoli stretti che seguono vite e storie antiche, che sanno di legna e muschio, di rocce su cui sono appoggiate le case, di abbandoni e ritorni, la sera conviene portare con sé una giacca, perché il clima tiepido del mare appena là sotto, qui si fa fresco e montano.

Eppure tutto muta, incessantemente, la serata uggiosa vestita già d’autunno, il giorno dopo si fa calda, solare, estiva, perfetta per salire verso il famoso Cristo Redentore, una statua che domina la costa e la valle di Maratea, un richiamo per i turisti e una sfida da raggiungere attraverso una via ferrata. 

Ci sono tanti tipi di vie ferrate, alcune richiedono esperienze e spirito indomito, altre, come questa, possono essere percorse anche da persone poco allenate. Come sempre, la vera differenza è nelle guide, capaci di stimolare il passo, di indicarti dove mettere piedi e mani, di mostrare sicurezza, di farti cogliere la bellezza che ti circonda. E salendo, stretto alle rocce, la bellezza è molta sotto di me: la costa lucana che si apre improvvisa, tra Campania e Calabria, coi resti di antiche torri di avvistamento, con isolotti, frammenti di terra a poche miglia dalle spiagge, con le montagne che vegliano e proteggono, a ricordare che Maratea non è solo mare. È soprattutto colli e monti, una civiltà pastorale, agricola molto antica che si incunea nelle valli ancora oggi custodi della tradizione, di quell’ecologia ancestrale, dove uomo e natura erano per forza assieme, legati da vincoli di equilibrio che si fanno racconto, perché le storie sono molto più che semplici parole, hanno il potere di dare senso a ciò che vive.

Ed è il senso ciò che alla fine cerca il viaggiatore consapevole. Magari reso ancora più saporito e profumato, mentre seduto fuori da un locale di paese, sorseggi un calice di Aglianico del Vulture, un vino ancora sottostimato ma dalle grandi potenzialità, accompagnato da soppressate e formaggi caprini, e ovini, da quella vera e propria specialità rappresentata dal caciocavallo podolico, fatto con il latte delle omonime vacche, aspre e selvatiche, come le montagne lucane. 

E il senso, quello della tradizione, quello ancestrale, si fa vivo anche lì, perché alle mie spalle, nella piazza del paese di Castel Saraceno, un alto faggio fa da base ad un abete, una scultura senza tempo che sopravvive alla modernità del tempo vorace e frenetico. L’opera degli abitanti del borgo incastonato tra il parco nazionale del Pollino e il parco nazionale dell’Appennino Lucano, uniti proprio lì da uno dei ponti tibetani più lunghi al mondo, si lega ai cosiddetti “riti arborei”. Un matrimonio tra alberi ci porta lontano, lontanissimo, nel tempo senza tempo dei riti tribali, dei gesti sapienti e magici, compiuti per ringraziare, per assicurarsi fertilità e abbondanza.

La scelta della ‘Ndenna (foto Andrea Semplici)

L’abbondanza di scorci, possibilità e storie scorre dal finestrino mentre attraverso questo angolo di Lucania, mentre dall’alto osservo la dolce bellezza, semi abbandonata, di un altro piccolo borgo. Rivello è un’altra oasi lucana, dove riposare fuori da un alimentari che metterebbe di essere museo, sorseggiando una gassosa locale, accarezzando un cane e aspettando il tramonto, per chiudere questo piccolo viaggio a Sud, quel Sud in movimento, fatto di giovani che da qui viaggiano lontano e qui ritornano, che innovano la tradizione, perché, come ci spiega uno di loro a cena, la tradizione non è qualcosa che resta fissa senza mutare mai, fatta di riti che finiscono per diventare spettacoli. È un processo di cambiamento, una parte dell’anima della comunità che vive nel presente, che viene trasmessa alle generazioni future.

Quel processo può diventare esso stesso meta di viaggio, molto più che semplice destinazione turistica. Può impastarsi coi sentieri attrezzati e puliti, con il vino e i formaggi, coi riti e le celebrazioni, con le piste ciclabili che attraversano borghi dove forse vale la pena vivere almeno un po’ e non solo sostare.

Ho fatto questo Press tour nell’ambito del progetto “P.A.R.T.I. Basilicata! Piano di Azione per la Ripresa del Turismo in Basilicata, finanziato da APT Basilicata e Regione Basilicata” grazie a  https://www.ivytour.it/maratea/