Testo e foto di Alma Selvaggia Rinaldi

Le porte delle camere da letto delle guest house sono sempre aperte, giorno e notte. Un invito onesto e rafforzato da regole note solo ai locali, come spesso accade nei paesi dove nessuno è straniero. Ushguli, il più alto villaggio abitato in Europa comprendente l’insediamento di Chazhashi, sorge all’inizio della gola di Enguri. I cani vagano come esseri umani, proprietari della loro terra, con i musi segnati da combattimenti tra di loro e con i lupi che abitano le montagne circostanti. Le costruzioni delle imprese cinesi invadono il territorio e ne distruggono la tradizione d’isolamento, usando come modello la città vicina, Mestia, pronta alle richieste turistiche. Le strade si allargano per facilitare il passaggio ad ambulanze, corrieri, e georgiani in vacanza, ma anche a stranieri storicamente rimasti fuori da Svaneti per la sua posizione remota. Ushguli, e tutta la regione di Svaneti nella quale si situa, è famosa per le sue torri di pietra difensive. Oggi giorno, la storica architettura strategica delle città medievali del Caucaso al confine con la Russia è confrontata con definizioni di progressismo e sviluppo dell’ultimo secolo. 

La Chiesa del Tempio di Lamaria si trova sulla collina in punta al paese. Le cime delle montagne si presentano con eleganza, accanto a masse di rifiuti, soprattutto plastica, depositate lungo le sponde del fiume. Il rispetto per la natura che domina Ushguli può sembrare scomparso a seconda di dove si guarda. Vittorio Sella, fotografo e alpinista italiano, scattò foto di Ushguli e Svaneti nel 1880 e 90’. Nell’osservare le fotografie, poco sembra essere cambiato se non il paesaggio agrario modificato dall’uomo, che oggi lascia minore libertà di espansione. Gli animali girovagano e non interagiscono con le persone, se non per i bambini, in giro sui cavalli dalla mattina alla sera.

In cima a una collina dissestata si trova la residenza invernale della regina Tamar Svan, nominata Spar, un luogo dove i locali si ritrovano per prendere decisioni su questioni politiche e sociali rilevanti a Ushguli. La residenza era composta da quattro torri e una chiesa collegate da robuste recinzioni di difesa. La storia racconta che tre di queste ultime torri furono distrutte dal regime sovietico negli anni ’30. Le pietre rimanenti dopo l’abbattimento furono usate per costruire fattorie locali. Una storia strana, visto la minima distruzione rispetto alla potenza degli attacchi sovietici. Forse un’azione simbolica attribuita al dittatore colonizzatore, Stalin, con l’obbiettivo di mostrare forza superiore con un messaggio forte e chiaro rivolto alla figura storica della regina Tamar. Le torri fortificate, attaccate ad un machubi -una casa a due piani – furono costruite tra il IX e il XII secolo per la difesa dagli invasori e sono oggi patrimonio dell’UNESCO. La vita quotidiana continua con poca attenzione al mondo circostante. Ushguli non vuole essere divorata dai conflitti vicini. Eppure, non vi si trovano le bandiere europee, le scritte d’insulti alla Russia e i messaggi di supporto all’Ucraina sui muri, i murales dei simboli della NATO, come in altre città georgiane. Sul piano interno permangono tensioni sociali e i matrimoni forzati restano una realtà di cui il mondo esterno non parla.