Testo di Luisa Fazzini e Agostino Falconetti


Foto di Luisa Fazzini


“Geografica. La didattica della meraviglia” si arricchisce di un servizio: strenne periodiche, senza cadenze fissate e senza stagione, per proporre dei libri. Più che altro suggestioni. Assolutamente non recensioni. Perché? Perché la geografia che ci piace non viene dai manuali scolastici. Schematici, monolitici, unidirezionali. Viene dagli scrittori e dai viaggi. Per questo la strenna è a quattro mani, con l’aiuto di un grande viaggiatore. Insomma questa geografia viene dalla capacità che Rodari chiamava la Fantastica. Perché la didattica della meraviglia nasce prima di tutto dalla qualità del nostro sguardo di docenti sul mondo.

Abbiamo imparato in questi anni di letture e di ricerca che ci sono sempre orizzonti ignoti che ci attendono e che le possibilità di scoperta e di attività didattiche sono infinite. Abbiamo imparato che prima di tutto dobbiamo imparare noi, con passione e coinvolgimento. Quello che vorremmo dai nostri studenti, ma che prima di tutto dobbiamo sperimentare noi in noi. Se non lo sentiamo, non lo trasmettiamo. Se non ci meravigliamo, non meraviglieremo. E così “Geografica. La didattica della meraviglia” propone una strenna presa da letture non disciplinari, ma di geografie che stupiscono. L’unico criterio di scelta è che ci sono piaciute.

Tito Barbini “Antartide”. Da qualche parte bisogna iniziare a capire che cos’è la geografia interiore. Tra lo stupore e la commozione una visione moderna dei ghiacci e delle nostre avventure dell’anima. Consigliato a chi cerca corrispondenze e significati. Consigliato a chi cerca un senso immergendosi nei paesaggi.

Andrea Semplici “La rivoluzione perduta dei poeti”. Nicaragua. La poesia è visione, rivoluzione, è scelta di vita. Quando la storia e la geografia assumono uno spessore che nessun manuale scolastico è in grado di accogliere, il lessico destrutturante della poesia riesce a darne dimensione completa.

Paolo Ciampi “La strada delle legioni. L’Inghilterra coast to coast lungo le vie romane”. La storia orienta l’osservazione e la fantasia ricostruisce. Una narrazione che avvolge e trasporta un passo alla volta in una dimensione ricca e raffinata attraverso la meta geografica.

Marco Steiner “La musica nel vento”. L’Argentina tra incanto visionario e spietatezza selvaggia. Un impasto primitivo eppure sublime. Un intreccio di vite mescolate ai luoghi che le definiscono. Luoghi dominati dal vento e dal silenzio. Un silenzio che ha storie da raccontare.

Michele Marziani “La cena dei coscritti”. Il tempo che scorre, i luoghi che cambiano, la vita che sfugge. Eppure come lettori si ride anche, di gusto, nel disincanto di questa montagna che mostra se stessa e i suoi abitanti con la naturalezza malinconica e poetica delle storie autentiche.

Alessandro Tasinato “Il fiume sono io”. Un bambino che cresce col suo fiume e con lui si trasforma ed entra nel mondo moderno in cui il progresso cancella il passato. Come eravamo e come siamo, senza nostalgia e con molta lucidità di analisi. Un fiume inscindibile nel suo scorre dai giorni dell’esistenza individuale.

Richard Wagamese “Le stelle si spengono all’alba”. Noi sedentari non siamo in grado di scrivere così. Non siamo in grado di riequilibrare le tragedie umane nel flusso del divenire naturale. I nativi sì. Un padre e un figlio nella natura per l’ultimo viaggio per capire il senso di una vita che muore.

Raynor Winn “Il sentiero del sale” Dalla casa perduta al cammino scelto per sentire che appartieni. A cosa? Bisogna leggere la storia tra i sentieri del sud del Regno Unito per comprendere come un passo dopo l’altro la natura diventi fibra dei muscoli, occhio della mente, senso di direzione del vivere.

Anna Maspero “Il mondo nelle mani”. Davanti a me il percorso, quel pezzo di mondo racchiuso tra la partenza e il ritorno a casa. Vicino o lontano, breve o lungo non importa…per me semplicemente la strada, una parola già da sola capace di evocare il piacere dell’andare e la voglia di libertà.

Antonio Tabucchi “Viaggi e altri viaggi”. Un luogo non è mai solo “quel” luogo. Quel luogo siamo un po’ anche noi. In qualche modo ce lo portavamo dentro e un giorno, per caso, ci siamo arrivati. Il giorno giusto o il giorno sbagliato, ma questo non è responsabilità del luogo, dipende da noi. Dipende da come leggiamo quel luogo e dalla nostra disponibilità ad accoglierlo dentro gli occhi e dentro l’anima.

Gastone Breccia “La fatica più bella”. Affrontare l’ignoto può essere un’esperienza durissima. Ma può anche rivelarsi entusiasmante. Una terra sconosciuta non solo ci spaventa, ma ci attira. Il desiderio di esplorare fa parte del nostro patrimonio atavico di istinti finalizzati a garantire la sopravvivenza individuale e collettiva.

Elena Dak “La carovana del sale”. Una dimensione di immensa bellezza. “Ancora adesso non mi è chiaro se durante la carovana pensai molto o non pensai affatto. Mi calavo ogni momento in quello che stavo vivendo con tutti i sensi all’erta, e forse confondo l’intenso sentire con una sorta di vago pensare. Lasciavo che tutto mi colpisse al punto da attraversarmi e diventare parte di me”.

Gianluca Gotto “Le coordinate della felicità”. Ripenso a tutto il mio percorso, fino a riposizionarmi sul momento presente. Sul qui e ora. Faccio un respiro profondo mi asciugo le lacrime. Mi rendo conto che viaggiare mi ha insegnato una grande lezione, forse la più importante di tutte: è nell’amore, quello per te stesso, per gli altri e per il mondo intero che trovi le coordinate della tua felicità.

Franco Bolelli “Con gli occhi della tigre”. Attenzione. L’incanto non è una sorta di ingenuo, illusorio, patetico “conserviamo il bambino che è in noi”: a creare l’incanto è un’attitudine alla sperimentazione. Si tratta di costruire situazioni così nuove, così inesplorate, che in esse non si può che essere innocenti, non si può che provocare naturale incanto.

Federico Formignani “Aver molto viaggiato”. Il viaggio è movimento, interscambio, naturale sedimentazione d’esperienze e assimilazione di emozioni. Perché tutto o quasi, alla fine, ruota attorno a questo sentimento subitaneo e improvviso come una scossa, rinnovabile e continuo come una droga, che tuttavia non arriva ad assuefare l’organismo e la mente.

Gaia De Pascale “Slow Travel”. Il tempo, nel momento in cui viene dimenticato, o meglio abbandonato, torna ad imporsi proprio nel suo presentarsi sotto nuove vesti, nel suo voler esser vissuto secondo altre regole, le regole senza regole del viaggiatore, del nomade, del ribelle. Le regole di chi, veramente, decide di compiere quel gesto assolutamente folle e sconsiderato che è la partenza.

Matteo Cavezzali “Supercamper”. Quando visito un luogo riparto sapendo di non aver visto tutto. Questo mi rende libero dal voler fare tutto e mi offre la scusa per poter tornare in quel posto. Bisogna lasciar socchiusa la porta dell’ignoto. Se rimane qualcosa in sospeso, tutto prenderà un colore più misterioso, più intrigante. Non assecondate l’ansia tipica occidentale di possedere/vedere tutto subito. Siete lì per vivere un luogo: non per vederlo, ma per assaporarlo.

Pietro Del Soldà “La vita fuori di sé”. E così con il pensiero ci si proietta laggiù, lontano, ovunque ma non qui. Si fantastica con se stessi già pronti ad affrontare la vita a mani nude, a vagare per le strade di città sconosciute, ad attraversare deserti africani, steppe asiatiche, oceani o vette andine, rapiti da un desiderio totale, incondizionato per qualsiasi novità che il mondo possa offrire. E senza mai temere di non farcela, di non essere all’altezza, né di venire sopraffatti dalla paura o dalla nostalgia di casa. Fare l’amore con il mondo: ecco il segreto inconfessabile.

Con Tanti Auguri di Letture Serene