(Andate al cinema? Quello di sala. Provate a raccontarci i film che vedete. Non vogliamo recensioni. Per quelle ci affidiamo al Mereghetti. Scriveteci come state voi, perché avete scelto quel film, com’era il cinema, dov’è, raccontateci quello che vi è accaduto prima, durante e dopo il film. Insomma, andiamo al cinema insieme. Comincia Adele Caputo è andata a vedere Bones and all, film di Luca Guadagnino. Al Red Carpet di Matera. Cinema oltre la periferia della città)

Testo di Adele Caputo

Confesso, ci sono andata per Timothée Chalamet.  Dopo averlo visto recitare in Interstellar, Dune, Piccole donne, Lady Bird (bellissimo), Don’t Look Up, Un giorno di pioggia a New York (delizioso) e soprattutto ‘Chiamami col tuo nome’ con la regia di Luca Guadagnino non potevo perdermi Bones and all.

Vederlo arrivare sul red carpet con quel vestito di raso rosso e la schiena scoperta, un ragazzino dal corpo magro e asciutto e dal volto così espressivo mi ha colpito, non vedevo da tanto tempo un attore come lui nel grande cinema. Per questo quando ho sentito che la trama trattava di cannibalismo mi sono fermata a pensare. Non ero più certa di volerci andare, l’horror è un genere da cui rifuggo dai tempi dell’Esorcista, film che mi terrorizzò all’epoca in cui lo vidi. E poi i premi a Venezia, leone d’argento alla regia e il premio Marcello Mastroianni all’indimenticabile protagonista, 10 minuti di standing ovation e applausi del pubblico alla fine della proiezione del film al festival, la partecipazione di regista e attore a ‘Che tempo che fa’, mi hanno convinta ad andare. Due volte.

La prima volta sono andato con mia figlia, siamo andate via alla fine del primo tempo, era davvero troppo spaventoso per lei. La seconda da sola. Letteralmente. Nella sala c’ero solo io. Fuori dal cinema multisala, il Red Carpet, alla periferia di Matera, imperversava una bufera. Con mio grande sollievo è arrivata una coppia di mezza età che aveva scelto il film a caso, non sapevano cosa li aspettava. Avevo parlato a lungo con due ragazze del botteghino al momento di acquistare il biglietto incuriosendole, una delle due si sarebbe affacciata in sala nel secondo tempo, quello che non avevo visto. Dopo la prima terribile scena l’uomo di quella coppia si è girato sconvolto per chiedermi se il film mi stava piacendo. Gli ho risposto che conoscevo la trama e “per piacere non andate via, non lasciatemi da sola nella sala”.

Diciamolo subito, è una storia d’amore pazzesca. L’America anni ’80 è rappresentata magnificamente, all’epoca avevo la stessa età dei protagonisti, ascoltavo quella musica, Duran Duran, Kiss, A-ha, Radiohead, Depeche Mode, Leonard Cohen. Il primo terribile spavento l’ho preso al pigiama party, poi all’incontro con il personaggio più inquietante del film, mi ha colpito la povertà dei prefabbricati in cui la gente povera vive: è ancora così credo. E poi l’attraversamento degli Stati Uniti in pullman, il riconoscersi dall’odore, lasciarsi e ritrovarsi, il rapporto con i genitori che a volte possono essere mostruosi, scoprire che non si è soli quando si è accanto a chi è simile a te. “Ho fame”, l’affermazione più angosciante. La cosa sorprendente? Due ore e dieci volano via in un soffio. Applausi.