Testo e foto di Nicoletta Cremaschi

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Arrivare a Napoli in treno significa catapultarsi in una città ricca di suoni, suoni di macchine, di parole, di urla, di tintinnii, di passi, di parole, parole, parole.
Si arriva in una superba piazza e da li la città si apre nella sua bellezza, verso il mare, azzurro che più azzurro non si può con lo sfondo di Capri, che sembra sonnecchiare laggiù… verso il mare e la baia che gelosamente viene custodita dal Vesuvio, anche lui sonnecchioso e maestoso allo stesso tempo. Mare, mare mare, che colora più del cielo, che ti fa guardare lontano, pensare lontano anche se la bellezza è qui, nella piazza Plebiscito, piazza che ti abbraccia, ti fa respirare grandi pensieri, il Maschio Angioino, con i colori della forza, il Teatro, splendido e ricco. Castel dell’Ovo, si affaccia sul mare, sulla spiaggia della città, un colpo d’occhio di vita e di bellezza Napoletana, i ragazzini che si tuffano nell’acqua come se nulla fosse, i gabbiani che si fanno sentire, e le onde ti fanno pensare al mare, ai navigatori, ai viaggiatori, alle isole, al viaggio.  Prendo un bus e cerco di attraversare la città prima verso Polissilipo e i suoi fiori, un giardino nel giardino, uno sguardo su Napoli da una cornice spettacolare, poi verso il centro, tra le vie che ti fanno intravedere i quartieri Spagnoli, Spaccanapoli, la vera Napoli quella dove vivono tante persone, dove è un tutt’uno, vedere panni stesi, fiori e persone che parlano, turisti, venditori, tutti sorridenti, ciarlieri.
Una città con salite e discese, quartieri, vivacità e colori.
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