Testo e foto di Dario Lo Presti

Un uomo che lavora con le sue mani è un operaio;
un uomo che lavora con le sue mani e il suo cervello è un artigiano;
ma un uomo che lavora con le sue mani, il suo cervello e il suo cuore è un artista.
(San Francesco d’Assisi)

Nel cuore di Catania intorno alla metà degli anni Novanta nasce l’officina di Bartolo Verona. L’azienda, successivamente si è ampliata specializzandosi nella costruzione di strutture di carpenteria metallica per l’edilizia civile e industriale.

In questo mio progetto fotografico racconto di una tipica giornata di lavoro complessa e faticosa, i cui ritmi non sono forsennati ma caratterizzati da una forte simbiosi tra l’uomo e gli oggetti del suo “fare” e “saper fare”. La sequenza narrativa è caratterizzata per lo più dall’utilizzo di inquadrature frontali, che includono appositamente l’ambiente circostante, a voler descrivere ciò che i miei occhi vedono senza alcuna ambiguità interpretativa.

L’officina apre sin dalle prime ore del mattino, si ha la sensazione di stare in un ambiente caotico, pieno di polvere, con molto rumore. I macchinari e gli attrezzi da lavoro sono sparsi ovunque, cosi come bulloni, e strutture in ferro accatastate che vengono lavorate per essere consegnate ai clienti. Gli operai appena arrivati lasciano i giubbotti in una stanza e riprendono il lavoro lasciato in sospeso il giorno prima.

Le strutture in ferro in alcuni casi vengono utilizzate dal punto di vista compositivo, come delle cornici dentro le quali si inserisce l’azione degli operai. Ad esempio una struttura di forma circolare include due operai mentre viene modellata a colpi di martello. Il signor Bartolo è onnipresente e organizza il lavoro dei suoi dipendenti.

L’aria è a tratti irrespirabile, fa molto caldo, i colpi di martello, il calore delle scintille e il rumore assordante delle saldatrici danno la sensazione di stare in un inferno. Lavorare tutto il giorno in queste condizioni è usurante per gli operai, e in ogni loro gesto si percepisce la fatica e la manualità̀ necessarie per fare questo lavoro. Non solo fatica e manualità̀, ma anche la precisione nel prendere delle misure, come se il tempo si fermasse in quell’istante. Nella sequenza narrativa non è solo l’uomo a “parlare” con le sue fatiche, o il calore delle scintille e il rumore delle saldatrici. Anche l’ambientazione, che viene ripresa con poca luce fa da cornice e diventa protagonista: un martello con accanto un articolo di giornale parla dei rifiuti in Sicilia, una foto su una parete di condensato ritrae probabilmente alcuni membri della famiglia che lavoravano nell’officina

L’officina racchiude in sé anche una storia, quella di una famiglia in cui il mestiere viene tramandato di generazione in generazione, e dove sacro e profano si mescolano. L’immagine di S. Agata sopra un calendario e quella della M.SS. Annunziata incastonata in una porta di legno, contrastano con la classica foto da calendario appesa sulla parete del bagno che non può̀ mancare in ogni officina.

In questo scenario il saper fare e creare dell’uomo, la lentezza, la manualità̀ e la fatica mettono in risalto un mondo in via di sparizione, che contrasta con la velocità e l’alienazione dei mestieri moderni ai quali siamo ormai abituati