Testo e foto di Luca Meola

All’inizio del XX secolo, la linea di produzione dell’impresario Henry Ford costruiva automobili a una velocità senza precedenti. Ford aveva introdotto nelle sue fabbriche la catena di montaggio e ideato la Ford T, la prima vettura venduta su larga scala. Tutti questi veicoli avevano bisogno di pneumatici ma al tempo la gomma era estratta da alberi cresciuti nelle colonie inglesi della Malesia. Per non essere più dipendente dal mercato inglese, Ford decise di avviare la sua propria produzione di gomma nella foresta amazzonica brasiliana. Nel 1927 acquistò un terreno di 1.500 km quadrati sulle sponde del fiume Tapajos e dal nulla fu edificata una città, Fordlândia. Il modello era quello americano: furono erette case prefabbricate, due fabbriche, un magazzino per la raccolta di gomma, una grande cisterna e un moderno ospedale in cui fu eseguito il primo intervento di chirurgia estetica del Brasile. Tutto sembrava perfetto per realizzare l’ennesimo sogno capitalista americano, ma qualcosa andò storto. Nel suo ambiente naturale, la foresta, l’albero della gomma cresce in mezzo ad altre piante, invece gli americani, che avevano poca esperienza di agricoltura tropicale, piantarono gli alberi in monocoltura molto vicini tra loro e le piantagioni furono colpite e decimate da un fungo che si propagò molto rapidamente. Oltre a questo i dirigenti americani imposero ai lavoratori brasiliani, impiegati nelle piantagioni e nelle fabbriche, uno stile di vita assolutamente a loro sconosciuto. Gli operai locali furono costretti a orari di lavoro rigidi dettati dal suono delle sirene e ad indossare delle uniformi. Fu imposto loro una tipica dieta americana fatta di spinaci, hamburger e corn flakes. Nel 1930 il malcontento degenerò in una rivolta popolare in cui i lavoratori presero d’assalto e bruciarono il ristorante della società americana che gli imponeva questo regime alimentare; fu necessario l’intervento dell’esercito brasiliano per salvare i funzionari americani che si erano rifugiati nella giungla. Come risultato di questi problemi la società Ford decise di trasferire le piantagioni di gomma nel comune di Belterra, un luogo meno isolato di Fordlandia, dove fu costruita una seconda città. Ma nel 1945, con l’avvento della gomma sintetica derivata dal petrolio, la produzione di gomma in Amazzonia non aveva più motivo di esistere e entrambe le città con le loro terre furono rivendute al governo brasiliano. Fordlândia oggi è considerata una città fantasma, anche se è ancora abitata dai discendenti di quei lavoratori brasiliani, impiegati all’epoca degli americani. Uno di questi è “il Duca”, nato a Fordlândia, che ho incontrato una notte mentre stava bevendo cachaça in mezzo alle piantagioni degli alberi di gomma. Il Duca mi ha condotto per una strada alberata a las “vilas americanas”, le abitazioni che un tempo ospitavano i funzionari americani. Poi abbiamo visitato le fabbriche abbandonate, al cui interno si trovano tutt’ora i macchinari utilizzati all’epoca per la lavorazione della gomma. Il nostro tour è durato tutta la notte. Poco prima dell’alba siamo arrivati all’ ospedale, un tempo uno dei più all’avanguardia di tutto il Brasile, oggi completamente distrutto. Infine, con il sole già alto abbiamo raggiunto il decadente cimitero di Fordlândia, l’ennesimo simbolo del sogno infranto di Henry Ford.

 

Luca Meola è un fotografo freelance che lavora tra il Brasile, São Paulo, e l’Italia, Milano. http://www.lucameola.com/
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