Foto Alberto Sfoggia | Testo Francesca Breda
Barbiana, piccola frazione nel comune di Vicchio, si trova sulle pendici del monte Giovi, tra i boschi del Mugello fiorentino. È un luogo discreto, con una chiesa, un cimitero e alcune case sparse, dove 60 anni fa successe qualcosa di veramente straordinario.
A Barbiana, nel 1954, fu mandato, in una sorta di esilio, don Lorenzo Milani che aveva assunto diverse posizioni fuori dal coro della chiesa ufficiale. Qui il sacerdote, tutt’altro che abbattuto, creò la scuola di Barbiana, una scuola particolare, aperta 365 giorni all’anno dove gli allievi, soprattutto figli di contadini, seguivano lezioni di tutte le materie, con passione e impegno.
Don Lorenzo credeva che la conoscenza fosse uno strumento fondamentale di emancipazione (diceva: “La parola ci fa eguali”) e per questo desiderava renderla disponibile per tutti, in particolare per i più poveri che non riuscivano ad accedere alla scuola pubblica
Era un maestro innovativo: credeva molto nella partecipazione degli allievi alla creazione delle attività didattiche, coltivava l’attenzione all’attualità e all’utilità pratica del sapere, promuoveva il senso critico e la riflessione personale.
A Barbiana non si apprendevano soltanto i contenuti previsti dai programmi ministeriali ma si leggevano i quotidiani, ci si confrontava direttamente con professionisti ed esperti, si organizzavano stage all’estero.
L’approccio di don Milani ha costituito una vera rivoluzione nel modo di fare scuola: mettendo in crisi il modello educativo autoritario, ha aperto la strada ad un rapporto più costruttivo e solidale tra maestro e alunni. E questa rivoluzione, a 50 anni dalla morte del sacerdote, continua ad ispirare educatori, insegnanti e cittadini.