Il funerale di Silvio Berlusconi raccontato dallo sguardo di una fotografa ‘rinchiusa’ nel recinto dei cine-foto-operatori. Le bandiere del Milan molto più numerose di quelle di Forza Italia. C’è perfino una bandiera di Cuba. Finiscono le bottigliette dell’acqua e quando un gruppo di cameramen apre un ombrello verde…

Testo e foto di Isabella Balena

Milano, 14 giugno 2023.

Esco di casa tardi, verso le 14. Non ero ancora sicura di andarci ma alla fine la curiosità ha avuto, come sempre, il sopravvento. E poi sono a due passi.

Inforco la bicicletta, la fermata metro Duomo è chiusa. Milano è stranamente silenziosa. Corso Ventidue Marzo e via Larga, la direttrice Linate-Centro è sgombra. Dopo poco capisco perché. Arrivano dall’aeroporto auto nere veloci scortate dai vigili urbani. Direzione piazza Duomo, lato Vescovado.

Con la bici faccio un giro intorno alla piazza. I varchi ormai sono chiusi e presidiati ma il clima è tranquillo, la gente dietro le transenne, è curiosa. Incateno la bici a un palo chiedendomi se non verrà rimossa. Rischio, perché è tardi e non ho tempo di cercare un posteggio migliore.

Uno della Security mi vede con le fotocamere: “L’ingresso giornalisti è lato Mazzini”. Ok, faccio il giro. Mi chiedo se la mia richiesta di accredito sia stata accettata: i fotografi freelance sono sempre i più sfigati e han dovuto accogliere centinaia di richieste in poche ore.

Varco giornalisti. Dico il nome. Il poliziotto con una lunga lista di fogli controlla: “Erodoto108?”, “Si, esatto”, “Prego”. Rimango un po’ sorpresa e sorrido. Che efficienza dico tra me e me.

La piazza non è ancora del tutto piena. Gli schermi installati. Entro, spingendo un po’, nel recinto dei fotovideocineoperatori. Qualche collega sbuffa garbatamente: un’altra fotografa. Conquisto la transenna. Così posso tirarmi su, caso mai servisse.

Restiamo in attesa. La piazza è composta. Tante persone alle finestre; da un balcone, spunta un “Ciao Silvio”.

Il sole, prima dietro le nuvole, adesso picchia sulle nostre teste. Penso alle persone arrivate di prima mattina a prender posto per omaggiare il loro Presidente. Bisogna esser convinti per sopportare tante ore in piedi e sotto il sole. Nessuno protesta, qualcuno ha caldo. In fondo alla piazza i tifosi del Milan sventolano bandiere e ogni tanto intonano: “C’è solo un Presidente” sul tema di Guantamera. Chissà perché questa scelta. C’è anche una piccola bandiera cubana che sventola tra la folla. Vicina ad una degli Stati Uniti. Nessuna bandiera russa. Forse non è il caso, visti i tempi.

Alle 15 in punto l’auto nera con dentro la bara entra in piazza seguita dal corteo dei familiari.

Agitazione tra i giornalisti assolati, migliaia di telefonini alzati tra la folla. Grandi applausi e sventolio di bandiere rossonere. Pochi minuti e il feretro s’immerge nel nero profondo dell’ingresso principale del Duomo, solitamente chiuso.

Qualche giornalista subito dopo se ne va, meno male, c’è più spazio nel recinto. Ci posizioniamo un po’ più larghi in attesa della fine della messa. Un team di video operatori organizzatissimi apre un grande ombrellone verde per farsi ombra; gli altri intorno approvano e guardano con invidia quel bendidio. Ma dalla prima linea della folla transennata, una voce: “Ehi, chiudete!!! Pensate di stare al mare???”  e dopo qualche battibecco e un po’ di smorfie, l’ombrellone vien richiuso.

I fotografi abbracciati ai computer e ai cellulari inviano le foto appena fatte. Non si vede un accidente, il sole feroce batte sui monitor. Ma qui c’è il fior fiore di professionisti della cronaca. Un giornalista fianco a me ogni cinque minuti fa la radiocronaca in greco.

Osservo la folla silenziosa, assorta e diversificata. Dalla mia posizione vedo pochissime bandiere politiche, le grandi bandiere dei tifosi chiuse, a mezz’asta, in segno di rispetto. Quello che si percepisce in effetti è proprio il rispetto. Nessuno alza la voce, nessuno grida. C’è anche uno con il telefonino con adesivo della CGIL. Un po’ di silicone qui e là, ma meno del previsto, penso. Attendiamo. Nel frattempo le bottigliette dell’acqua son finite.

L’omelia finisce. Ci arriva solo l’audio perché gli schermi, dalla posizione in cui siamo, non li vediamo. Non male devo dire il Vescovo. Ha parlato di affari e di politica ma in fondo “qui stiamo solo salutando un uomo”. Certo, lo assolve parecchio.

Escono prima le corone di fiori sorrette dai corazzieri, poi la bara spunta dal buio, subito dietro i figli, la compagna, il fratello Paolo. I motori delle fotocamere si scatenano. Centinaia di scatti in pochi secondi. Non so quanto dura, a poco a poco appaiono un po’ tutti, Mattarella, la Meloni, La Russa, i due Fontana, Sala. Salvini abbraccia Marta Fascina, molto provata. Tutti si salutano e si abbracciano. Massimo Boldi bacia le mani a Piersilvio. Certo è un amico di famiglia, ma l’immagine stona e mi fa pensare altro.

Non posso non osservare che il tutto è estremamente dignitoso e composto di qua e di là dal sagrato. I figli prima di andarsene salutano con commozione la folla venuta a salutare, indubbiamente con affetto, il loro Presidente.

Piano piano la piazza si svuota. Le corone appoggiate nel perimetro vengono, fiore dopo fiore, cannibalizzate. Forse per portarsi via un ricordo, penso benevola, ma questa visione però, non so perché, non mi piace.