copElegance and Dignity – Stories from India” di Marco Palladino (Dalia Edizioni) è una preziosa documentazione sulle problematiche più importanti dell’India: quelle relative al diritto dei lavoratori e alle tematiche ambientali. Il libro raccoglie dieci reportage, che attraversano il paese e indagano le relazioni tra lo sviluppo industriale ed economico recente e la tradizione agricola.
Vi presentiamo di seguito due reportage tratti dal libro.
Testo e foto di Marco Palladino

 

HANDS ON GIANTS

Il Gujarat è lo Stato indiano che meglio rappresenta l’India moderna, o più esattamente quel che essa mira a diventare, è il luogo dove l’estrema povertà e lo sfruttamento del lavoro a basso costo si accompagnano a un’ascesa vertiginosa nel settore industriale, specialmente nell’industria dei metalli. Quasi tutte le persone incontrate a Jamnagar si dichiaravano impiegate, a vario titolo, nel settore siderurgico. In gran parte il settore siderurgico vive del riciclo dei metalli pesanti che, oltreché dall’India, vengono importati dall’Africa ed esportati in Cina, dove si ottengono le produzioni finali. Ma è fondamentale la connessione con i paesi ricchi dell’occidente, di cui si smaltiscono qui gli scarti industriali più difficili. Abbiamo voluto raccontare questa gigantesca opera in corso, la visione di uno sterminato susseguirsi di industrie pesanti, tessuto connettivo fatto di ferro e lavoro che interseca realtà assai distanti tra loro, dai villaggi di pescatori fino alle tribù del nord. Per farlo abbiamo scelto una storia emblematica: i cimiteri navali. Alang è la più grande area di recupero navale al mondo, è una distesa chilometrica di lotti dove gigantesche carcasse di navi aspettano di essere smontate a mano da nugoli formicheschi di operai che ne recuperano parti e componenti. Dà lavoro a qualcosa come 40000 operai, l’equivalente di una piccola città. È un lavoro sporco, pericoloso, logorante e micidiale. Ci si arrampica sui giganti di metallo che se ne stanno spanciati e mezzi affondati nel mare, si maneggiano fiamme ossidriche tutto il giorno, l’aria irrespirabile è satura di gas combusti, di olii, di lubrificanti, di fumi e di acidi, è acre, pungente, brucia gli occhi e il naso. Qui come altrove gli operai sono braccianti poveri di zone agricole ancora più povere, come il Bihar, l’Assam, l’Orissa, il West Bengala o anche il vicino Pakistan, che scappano per la fame. Qui non ricevono alcuna formazione tecnica nello smaltimento dei rifiuti tossici. Sono disposti a fare questa vita per l’equivalente di pochi euro al giorno. Per questi pochi euro si espongono quotidianamente all’arsenico, al piombo, alle contaminazioni dell’amianto, il tutto in un rumore assordante. Nei villaggi limitrofi si vive ancora di semplice pastorizia ma un importante indotto viene da Alang, con il recupero e la distribuzione dei pezzi funzionanti delle navi. Uscendo dai cantieri, si fa un salto indietro di 200 anni. Tuttavia anche qui l’inquinamento è elevato ma i rottami d’acciaio sono un business troppo ghiotto e troppo conveniente, dato il basso costo della manodopera indiana, per prendere seriamente in considerazione anche i gravi rischi per l’ambiente e la salute umana.

Ship Braking Yards of Alang

Foto di Marco Palladino © All rights reserved

 

Ship Braking Yards of Alang

Foto di Marco Palladino © All rights reserved

 

Ship Braking Yards of Alang

Foto di Marco Palladino © All rights reserved

 

 

VILLAGGI DEL KUTCH

Ogni anno ai margini del grande Deserto Bianco nel nord del Kutch, in Gujarat, viene allestito un mastodontico festival etnico che attira centinaia di migliaia di turisti indiani. La grande regione del Kutch è la patria di diverse minoranze etniche e i suoi villaggi tribali sono rinomati per le produzioni artigianali, tra le più belle e varie: metalli, monili, tessuti, terrecotte, ecc. Tuttavia la situazione in cui vivono in molti villaggi è di estrema povertà. La tradizione viene sfruttata per motivare il turismo che, in verità, non porta alcun beneficio alle popolazioni locali se non attraverso gli intermediari. In alcuni villaggi, come Khavda, i produttori riescono ad esportare in tutta l’India i loro manufatti a prezzi equi, ma queto rappresenta un’eccezione. Significativo l’esempio del villaggio che sorge a ridosso dell’hotspot più visitato, un belvedere sul deserto bianco, dove arrivano ogni giorno frotte di turisti indiani e scolaresche, con i pullman, senza mai fermarsi nei villaggi sottostanti. È qui invece che vengono confezionati sottocosto i manufatti che si vendono poi nelle aree turistiche a cinque volte tanto. Appare evidente qual è l’indirizzo attuale per lo sviluppo: il turismo. I numeri sono in crescita esponenziale, di pari passo con la crescita del benessere. Si tratta di un turismo interno, riservato alle classi dell’India benestante. Tutti i vantaggi dichiarati dal governo centrale restano da vedere, quello che si registra sono invece condizioni di indigenza e povertà diffuse. Nonostante la ricchezza industriale dello Stato, gli standard di vita dei poveri sono bassissimi. Questi villaggi possono ritenersi relativamente fortunati, pur essendoci risorse minerarie importanti (a parte le riserve di gas nel deserto di sale, c’è lignite, bauxite e gesso, in primis), il governo non ha ancora subappaltato a qualche multinazionale l’uso del suolo né iniziato campagne di sfollamento. Non rischiano per ora, come in altre parti dell’India, di essere cacciati o letteralmente schiavizzati. Invece molti progetti di sviluppo vengono proposti in Gujarat, in linea col modello delle grandi dighe. Ci sono novantasette piccoli fiumi nel distretto del Kutch. Venti grandi dighe e numerose dighe più piccole trattengono l’acqua nella stagione di deflusso delle piogge, mentre la maggior parte non influisce, regolando fiumi che sfociano direttamente nel Mar Arabico, mentre in altre, lo stoccaggio di acqua durante la stagione delle piogge e il suo utilizzo per l’irrigazione hanno ridotto notevolmente la portata di acqua fresca disponibile. Una società prevalentemente pastorale non riceve grandi benefici da opere pensate per l’agricoltura e per il turismo, tanto più se si considerano gli enormi costi che questo comporta.

Kutch

Foto di Marco Palladino © All rights reserved

 

Kutch1

Foto di Marco Palladino © All rights reserved

 

IMG_0118

Foto di Marco Palladino © All rights reserved