Testo e foto di Federica Brenna

Ogni paese ha le proprie tradizioni e specialità culinarie. Viaggiando ho scoperto odori e sapori a me prima sconosciuti, come un buon succo fresco alla papaya o il frutto del cactus. Non sapevo esattamente cosa aspettarmi dalla cucina peruviana anche se ne avevo sentito parlare piuttosto bene. In realtà basta recarsi al mercato di qualsiasi piccola o grande città del Perù per rendersi conto della varietà di prodotti che vengono utilizzati in cucina. Il mercato è il primo luogo dove vengo fortemente colpita da un tripudio di colori e profumi, ma non è certamente l’unico. Sono moltissimi i venditori ambulanti che dai loro carretti sgangherati propongono bibite dissetanti, come la chincha morada e spuntini invitanti come il choclo con queso, gli anticuchos o i picarones, diffondendo aromi invitanti per le vie delle città.

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Data la conformazione geologica variegata del paese, la cucina locale si esprime in infinite varianti regionali. La papa, la patata, può tuttavia considerarsi la vera e propria regina nazionale: la si trova ovunque, cucinata in modi diversi, come piatto principale o contorno, accompagnata o meno da salsine piccanti. In merito alla papa ho scoperto che in Perù se ne possono trovare di oltre 4.000 tipi diversi. Dalle indefinite dimensioni e colorazioni, le papas sono senza dubbio alla base della dieta peruviana, un ever green che non stanca mai per la sua varietà e i diversi modi di presentarla in tavola. Qualche esempio?! La papa rellena o a la huancaina.

Quando sono ad Arequipa, una città andina dominata da tre maestosi vulcani, prendo coraggio e decido di provare il cuy, ovvero il porcellino d’india. Lo ordino al forno e senza testa, perchè con la testa potrebbe farmi ancora più impressione. Il cuy è una specialità andina, la cui presenza sulle tavole peruviane pare risalga all’epoca preincaica. In realtà è solo l’idea di poter mangiare un grazioso animaletto da compagnia a farmi impressione, perchè in quanto a sapore non è niente male: dalla pelle un po’ croccante, sembra di mangiare una via di mezzo tra un coniglio e una quaglia. Ricco di ossicine sottili, mi risulta sicuramente più facile mangiarlo con le mani. Come per la patata, ma a ben pensare, per ogni altro alimento che sta alla base dell’alimentazione del paese degli Incas, anche il cuy viene presentato in tavola in diversi modi. Esiste, ad esempio, nella ricca e rigogliosa Valle Sacra, nei pressi di Urubamba, un paesino la cui specialità consiste nella preparazione del cuy al palo, cioè rosolato sul fuoco come il nostro porcellino sardo.

A Cuzco invece provo un altro importante piatto della tradizione peruviana: la carne di alpaca. L’alpaca sembra essere un animale simpatico, paffuto, peloso e morbidoso, che vive solitamente ad altitudini che superano i 4.000m e che si trova piuttosto frequentemente sugli itinerari turistici a farsi fotografare per due soles con giovani ragazzine dagli abitini tradizionali. Il suo pelo ancor più che la sua carne è caratteristica molto pregiata, in quanto materia prima per la produzione di manufatti tessili di altissimo pregio. Entro in un ristorantino dall’aspetto piuttosto spartano, dove le uniche persone presenti sono il proprietario e il suo cameriere… D’altronde siamo in bassa stagione. Le tovaglie sembrano essere già state usate e le posate così come i bicchieri hanno l’aria un pò consumata. La cucina è leggermente più grande di quella di casa mia e l’arredamento dell’intero locale lascia pensare all’opera di un buon falegname locale. Qui ordino un lomo saltado di alpaca, ovvero carne di alpaca accompagnata da un ricco condimento composto di patate, peperoni, cipolle e riso. La comida mi sembra piuttosto gustosa e la carne davvero molto delicata.

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Quando parliamo di carne non possiamo non nominare il pollo, anche lui protagonista principale della cucina peruviana e delle mie cene in questo paese. Un ottimo esempio di combinazione di carne di pollo e della onnipresente papa è l’aji de galina che provo in un ristorantino piuttosto turistico raccomandato da Nancy, la proprietaria del B&B dove alloggio. Ciò che mi piace molto di questa portata è la spessa crema di gallina arricchita da un peperoncino leggermente piccante che accompagna riso e patate e il cui retrogusto rimane impresso sulle papille gustative anche dopo aver deglutito il boccone. Rimane di fatto uno dei miei piatti preferiti.

Chiuso il capitolo carne, apriamo ora il capitolo pesce: altro piatto molto tipico e “rico”, come dicono i peruviani, è il ceviche, ovvero una miscela di pesce, gamberi e altri frutti di mare lasciati raffreddare e marinare nel lime e cipolle, cilantro e peperoncini piccanti. É un piatto talmente comune che lo si può trovare ovunque, nei ristoranti come nei mercati, ma soprattutto sulla costa e nelle cosiddette cevicherie.

Da Lima a Puno, ma anche nella bella Bolivia, nei menù dei ristoranti tradizionali non può mancare la zuppa. La sopa che più mi piace è quella di quinoa. La quinoa è un cereale la cui coltivazione in Perù è molto diffusa. La prima volta che ne sentii parlare fu all’EXPO di Milano, dove me la presentarono come il cereale del futuro, essendo molto proteico ma privo di glutine al tempo stesso. La zuppa viene solitamente arricchita di verdure come cipolle, cetrioli, pomodori o ceci e uovo: tutto molto fresco e naturale. Mangiare un bel piatto di sopa di quinoa a Puno quando il sole lascia spazio alle tenerbre e al gelo, è un vero e proprio toccasana.

Raramente ceno bevendo bibite che non siano l’acqua. Non ho mai bevuto tanta acqua come in questo paese. Esistono tuttavia delle bevande che, essendo tipiche, non ho potuto trattenermi dal provare. La più comune, dissetante ma utilizzata soprattutto come rimedio naturale contro il male d’altitudine, è il mate de coca. Non c’è da scandalizzarsi.. Il mate non è che un infusione di foglie di coca essiccate. Il mio consumo di mate è più un abuso: lo prendo la mattina per colazione, la sera prima di andare a letto, ma se c’è la possibilità anche durante il giorno. Non so se le proprietà benefiche di questa foglia abbiano veramente agito su di me ma devo ammettere che non ho mai sofferto il mal d’altitudine, nemmeno un piccolo mal di testa. La chincha morada invece è un’ottima e rifrescante bevanda, leggermente dolciastra e fatta con il mais scuro, ideale per un break nelle ore più calde della giornata.. Si trova a qualsiasi angolo della strada. Infine, last but not least, provo il pisco sour che è il cocktail più conosciuto di tutto il paese, quello su cui puntano i ristoratori per far cadere turisti curiosi nelle loro grinfie “si come aquì, pisco sour gratis!” Considerato più come cocktail da aperitivo, è bevanda nazionale e il suo sapore è dato dall’amalgama di pisco, succo di limone, zucchero e bianco d’uovo.

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