Testo e foto di Giorgio Barbato

Scendendo dalla collina verso il mare, lasciandosi alle spalle il Palazzo del Topkapi, si arriva a lambire il mar di Marmara proprio dove inizia il Bosforo. Seguendo le vecchia mura della città di Istanbul, a ridosso del mare, corre verso sud ovest la Kennedy Avenue; una strada veloce che collega la vecchia stazione di Sirkeci, capolinea del mitico Orient Express, all’aeroporto internazionale Ataturk. Siamo nella parte Europea della città. La strada è protetta dalle intemperie del mare da una scogliera artificiale. Proprio tra queste rocce, nelle calde sere d’estate, si ritrovano gli abitanti della città; lontano dagli occhi dei turisti e dal caos della megalopoli si siedono tra i sassi in mezzo agli spruzzi delle onde. Ascoltano musica, bevono te, qualcuno cena arrostendo su un fuoco improvvisato del pesce pescato sul Bosforo. Assistono al passaggio di grosse navi da carico dirette verso le coste Russe o Ucraine nel mar Nero. Dopo il tramonto la città si accende di migliaia di luci come un immenso lunapark; dall’altra parte del canale, con i quartieri di Uskudar e Kadikoy, la parte Asiatica di Istanbul. Allora arriva il momento di prendere in mano lo smartphone e immortalarsi con un selfie in uno scenario davvero mozzafiato. Per chi è arrivato fin qui attraversando una delle città più grandi del mondo stasera ne è valsa veramente la pena.

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Famiglie con bambini, coppie che cercano un po’ di intimità, ma anche chi cerca semplicemente un po’ di relax quando la giornata è al termine. E’ piacevole sedersi tra quegli scogli sul lungomare che lambisce la Kennedy Avenue; dall’altra parte del Bosforo c’è l’Asia. A dividere i due lembi di terra, le due Istanbul, quel tratto del mare di Marmara solcato dalle grandi navi cargo dirette a nord verso il mar Nero.

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Qualche venditore ambulante cerca di piazzare i suoi prodotti. Biscotti, arachidi, fazzoletti di carta e dei capienti thermos dai quali versare in bicchieri di plastica un bollente the dolce. Piccoli gruppi di persone stanno vicine; a volte parenti, a volte solo amici. Alcuni si fermano a chiacchierare aspettando l’ora di cena per rientrare nelle loro case; altri rimarranno fino al tramonto.

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Il tempo trascorre lento tra i grandi sassi messi li, ai lati del Bosforo, a protezione della città. Gruppetti di amici si attardano in chiacchiere, ascoltando musica, qualcuno scatta foto. In lontananza lo skyline di una Istanbul moderna, convulsa, caotica; crocevia tra Oriente e Occidente. Una leggera brezza regala un po’ di frescura alla calda giornata estiva. Tra un po’ sarà sera. Il vento trascina via le nuvole verso ovest.

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Spesso si arriva a Istanbul per affari, tanti per viaggio di piacere, molti in cerca di lavoro. Si parte dal piccolo paese natale, magari in compagnia di altri amici coetanei. Istanbul è grande, ci sono miriadi di attività commerciali, alberghi, ristoranti, negozi. C’è anche il più grande bazar coperto del mondo. Si passa la giornata a camminare, cercare, chiedere, lasciare curriculum. Poi alla sera si torna verso il mare. Qui si distendono i pensieri; lo stress e le preoccupazioni volano via. E si trova anche il tempo di scattare una foto. Un autoritratto o come si dice adesso un selfie. Per dire guarda dove sono. Da inviare magari a una ragazza lontana.

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Finalmente la notte è scesa sul Bosforo. Il mare, nero e profondo, si è calmato e il vento ha spazzato via tutte le nuvole. Dagli scogli puoi abbracciare tutta la città; tutte due le Istanbul d’Oriente e Occidente. Le migliaia di luci in lontananza accendono il cielo. Da qui puoi sentire il rumore del mare. Laggiù tra quelle luci la vita piena di suoni, colori e movimenti. C’è tempo per un ultimo selfie e poi pian piano si tornerà verso la città. Con calma si saluteranno gli amici e si tornerà verso casa; attratti come in un grande lunapark, da quelle luci che ingoiano la notte.
Giorgio Barbato è un viaggiatore, sul suo sito trovate i dettagli dei suoi lavori fotografici in Nepal, Tibet.
Lo trovate su www.giorgiobarbato.eu