Una testimonianza di Cristiano Bernacchi

“Tutto può cambiare… anche in poche ore!” Vi sembrerà impossibile, ma è tutto vero. Noi, in poche ore, abbiamo visto trasformare una vacanza in un mezzo incubo…in pochissimo tempo, ma procediamo con cautela prima di perderci in questo guazzabuglio di colori, emozioni, paure e suggestioni che ci ha lasciato la Cina ai tempi del Coronavirus. 

La compagnia: Timothy (fratello di Patrick) vive e lavora in Cina da ormai 5 anni, con la compagna Momo, nostro interprete, traduttore e spirito guida in questo affascinante Paese che con l’inglese non vuole ancora fare pace. Poi ci sono Patrick con la moglie Francesca ed infine noi (io e la mia compagna Marta). L’idea era di trascorrere dodici giorni nella provincia dello Yunnan per visitare le maggiori attrazioni del luogo e poi proseguire altri 14 giorni in Vietnam. Il programma era ambizioso, ma nessuno di noi avrebbe mai sospettato di doverlo abbandonare così repentinamente.

Diario di bordo accelerato di un viaggio schizofrenico (24-25 gennaio 2020)

Ore 15:45 – Ragazzi siamo a Dàli, 1900 m. di altezza e non fa freddo per niente. – Secondo me, – ho pensato subito,-  non ha messo in conto la sera, Patrick, mentre pronunciava queste parole.- Dopo appena 4 ore, la temperatura infatti scese sotto lo zero, ma l’adrenalina del viaggio, iniziato da appena due giorni forse non ci faceva percepire quel freddo, così teneramente sopportabile da tutti noi. Siamo in visita alle tre pagode, prima attrazione della Città. – Io ragazzi non riesco a convivere con questa stramaledetta mascherina! – Dico con fare sprezzante. -Almeno nei luoghi più affollati però teniamola, non si sa mai.- Ricorda Timothy.  Dopo ci siamo persi con piacere tra le strette e affollate strade di Dàli, luogo ideale dove rilassarsi, per la sua posizione strategica tra le Verdi Montagne (4.000 m.) ed il lago Erhài. Scattiamo fotografie di continuo, assorti tra i sorrisi della gente del posto e i tanti profumi che si sovrappongono, la vacanza sembra procedere a gonfie vele. 

Ore 19:50 – Ma non smettono MAI di scoppiare questi maledetti petardi? – Esordisco così a cena, stretto agli angoli da un grande tavolo rotondo di quel ristorante, mentre tutti gli altri stavano scrutando con attenzione il menù tradotto in simultanea da Momo. Mi guarda Timothy e mi spiega laconico – Questo non è nulla. Oggi è il 24, tra circa 4 ore alle 24 per capirsi, inizia il vero spettacolo pirotecnico per il Capodanno cinese, oltretutto è anche molto meticoloso. – Meticoloso in che senso? – Chiedo io. – Nel senso che tutti, senza troppe distinzioni, partecipano con trasporto allo spettacolo e ogni petardo viene scoppiato come finisce quello del precedente. Due sono gli aspetti che più mi hanno colpito del Capodanno cinese, il rosso, colore ricorrente non solo nella loro bandiera, ma per l’occasione sfoggiato senza avidità tra pubblicità, manifesti e decorazioni varie, e l’eco costante dei petardi scoppiati per un giorno intero, che mi ha accompagnato fino a quello successivo. – Le maggiori manifestazioni per il Capodanno cinese sono state cancellate, leggo. – Ci comunica Marta che si era collegata al Wifi del ristorante. – Ma proviamo a spiegare con aria di sufficienza, che potevano essere misure precauzionali, per evitare la propagazione del virus da parte di persone che vivono nell’Hubei e magari si trovano in viaggio. – Neanche immaginavamo che da lì a breve la situazione potesse precipitare. 

Ore 23:30 – Rientriamo in albergo, certi che la notte sarebbe stata lunga e rumorosa. Ordiniamo 2 birre e ci sediamo. Accanto al nostro tavolo una chiassosa comitiva di inglesi 25enni che se la spassa allegramente. Bevono birra a fiumi, fumano sigarette di continuo e scoppiano petardi in modo compulsivo. Non ci fa troppo caso, sono giovani e in vacanza, si divertono. Noi invece pensiamo ai villaggi che ci aspettano il giorno successivo, sulle sponde del lago Erhài, tra pescatori e profumi d’oriente. Il Coronavirus è ancora lontano, sia dalle nostre preoccupazioni che geograficamente, se non fosse per le informazioni che giungono da casa e quelle lette di sfuggita online, non ce ne saremmo resi conto affatto di come tutto stesse cambiando. Le mascherine le portano solo alcuni cinesi, noi le abbiamo in via precauzionale e per indossarle nei luoghi pubblici e più affollati, ma senza esasperazione. 

Ore 10:45 – Siamo in viaggio. Abbiamo lasciato Dàli per raggiungere alcuni villaggi della comunità bài, tra le più numerose di tutto lo Yunnan. Il primo di loro è Xìzhòu, la cui città vecchia custodisce storici edifici dell’architettura bài. Non vediamo l’ora di raggiungerla. Ci perdiamo per circa due ore tra i suoi suggestivi vicoli e giardini, per poi ripartire. Seconda destinazione, Shuànglàng, caratteristico villaggio di pescatori. Come ci avviciniamo alla prima uscita dell’autostrada notiamo una lunga fila di macchine. – Usciamo alla prossima -, consiglia Momo che ci rassicura, – siamo nella settimana del Capodanno cinese, si spostano in molti.- Raggiunta così la seconda uscita, solo apparentemente più snella, inizia una nuova fila di macchine. – Cosa sta succedendo? – Chiede Francesca. – Non lo so risponde Momo. – Ma come ci avviciniamo al casello, tutto diventa più chiaro. Tre macchine della polizia fanno da cordone obbligato a tutti i veicoli, con personale medico che misura con termometro laser la temperatura di tutti i viaggiatori in circolazione. Momo viene fatta scendere, per comunicare gli ultimi suoi spostamenti. Queste le più recenti misure adottate dal Governo cinese. Superiamo senza problemi i test temperatura, ma ci coglie del tutto impreparati. Siamo frastornati, non riusciamo bene a capire cosa stia succedendo e in così poco tempo. Momo controlla le news sul proprio smartphone. Chiuse le maggiori mete turistiche della Cina, si parla apertamente di emergenza Coronavirus. La situazione si aggrava e adesso, lo percepiamo tutti con maggiore chiarezza. Ci fermiamo a mangiare qualcosa per poi rientrare in albergo dove avremmo deciso come comportarci.

Ore 19:45 – Ragazzi cosa facciamo? – Dice Marta da un tavolo del bar interno all’albergo, – Non lo so! – Rispondono gli altri ad intermittenza e frequenza variabile. – Qui non c’è troppo da fare. – Aggiungo io, – …se tutti i luoghi di maggiore interesse turistico sono interdetti e ci aspettano tutti questi controlli ad ogni uscita, inutile proseguire. – In più io ho paura ragazzi. – Prosegue Marta. – Aspettate, mi chiama mia Madre. – Interrompe tutti Francesca. – Cala il silenzio, sentiamo a distanza la preoccupazione della madre che consiglia a Francesca di ripartire il prima possibile, perché le notizie che giungono dall’Italia non sono incoraggianti. Sul nostro tavolo cala un silenzio assordante, interrotto solamente dall’arrivo della giuliva compagnia di inglesi conosciuti la sera prima. Il copione però era cambiato, niente schiamazzi né tantomeno sorrisi a buon mercato, anche sulla loro vacanza forse stava calando il sipario, ma questo non lo sappiamo, ci limitiamo così a notare i loro sguardi torvi e la compostezza, ignorata la sera prima. – Le notizie non sono buone. – Dice Francesca al suo ritorno. – Anche se i numeri ufficiali tra morti e contagi non superava la soglia dello zero virgola, la suggestione per aver vissuto i controlli delle autorità cinesi, sommata alle notizie che si rincorrevano di ora in ora sul web e le pressanti telefonate da casa, ci avevano fatto sprofondare in un limbo tra indecisione e preoccupazione. Era poco il tempo per decidere, ma dovevamo farlo. Il viaggio in Cina era compromesso, in più stavamo finendo le mascherine che dalla mattina tenevamo sul volto come una seconda pelle e nelle farmacie già iniziavano a scarseggiare. Alla fine troviamo una soluzione, sofferta ma al momento sembrava la migliore. Timothy e Momo, dovevano assolutamente rientrare a casa dove ad attenderli c’erano due splendidi gatti e la loro vita, in fin dei conti. Decisero così di prendere il primo treno per Shunde, il giorno successivo. Mentre noi 4, saremmo partiti la notte seguente per il Laos, paese più vicino geograficamente e dove al momento non erano stati riscontrati casi di contagio. Tappa intermedia prima del rientro a Roma previsto la sera del 30 di gennaio. 

La mattina del 27 di gennaio eravamo in Laos, Vientiane, dove lo spettro del Coronavirus non si aggirava affatto. La vita proseguiva tranquillamente senza troppi scossoni e noi per almeno due giorni abbiamo ritrovato un po’ di tranquillità. Momo e Timothy sono rientrati finalmente a casa, adottando tutte le precauzioni diffuse dal Governo cinese, evitare di frequentare luoghi pubblici ed uscire di casa solo per lo stretto necessario. Attualmente stanno bene, sappiamo dal fratello, chiusi in casa e con una gran voglia di riprendersi la loro vita come altri milioni di cinesi. Noi siamo rientrati in Italia, dove ad attenderci a Roma non abbiamo incontrato troppi controlli, era il 31 di gennaio e oggi la situazione pare cambiata. 

In appena un giorno…tutto è precipitato! Storia di un viaggio schizofrenico.       

Cristiano Bernacchi durante il viaggio in Cina