Testo e foto di Giovanni Mereghetti

La leggera resistenza di una crosta sottile e croccante non fa che aumentare l’acquolina nell’attimo che anticipa l’affondo nella pasta morbida. Intensa fragranza, corposa consistenza, gusto dolce-amaro che si propaga nella bocca già dal primo morso: un connubio intrigante per le papille gustative ingannate dal profumo zuccherino che si sprigiona scartandolo. Così potrebbe essere riassunto l’incontro ravvicinato con gli amaretti comunemente detti di Modena ma originari di Spilamberto, piccolo comune della provincia modenese.

È nelle cucine di questo paese infatti che in ogni famiglia e in ogni pasticceria donne di tre generazioni impastano mandorle dolci e amare con zucchero o miele e albume montato a neve conservando e tramandando ciascuna la propria ricetta che, vuoi per variazioni di dosi o di ingredienti minori o per trucchi segreti di preparazione e cottura, rendeva gli amaretti leggermente diversi da una famiglia all’altra. Con l’introduzione della produzione commerciale di metà Ottocento, gli amaretti sono andati assomigliandosi tra loro sempre più, ma né questa uniformità né il tempo trascorso hanno scalfito le caratteristiche di genuinità e fragranza tipiche delle “cose fatte in casa”. La vista non rende certo onore alla bontà di questi dolcetti, spesso non perfettamente rotondi e bombati e sempre rugosi, ma ne testimonia l’aspetto artigianale lasciando ai palati golosi la scoperta del cuore che la crosta racchiude. A Spilamberto gli amaretti si servono a fine pasto, accompagnati da un calice di vino, ma perché non gustarli con una tazza di the bollente o una delicata noce di panna montata o farne un ingrediente segreto di torte e budini?

Forno Valisi, Amaretti di Spilamberto, Spilamberto (MO)

Forno Valisi, Amaretti di Spilamberto, Spilamberto (MO)