Testo e foto di Alessandro Balduzzi

In secca

In questo settembre canicolare, la radio nazionale irlandese ha due temi favoriti che ripresenta con monotona tenacia. Uno è la riduzione dei limiti di velocità, questione di evidente attualità anche per il guidatore straniero alle prese con strade rurali allegramente percorse a 80 km/h con il beneplacito della segnaletica; sinuose e spesso strette tra muri a secco, talvolta ragione di poetici sfregi alla carrozzeria, le strade d’Irlanda sono complici inconsapevoli di incidenti anche mortali. Quanto al secondo argomento, si tratta del più classico riempitivo delle conversazioni a queste latitudini: il meteo. Queste settimane hanno infatti assunto i connotati di una lunga estate di San Martino, con temperature diurne indefessamente intorno ai 25 gradi Celsius.

Fra orme e ormeggi

Lo sappiamo, l’Irlanda è un’isola. E caratteristica saliente di un’isola è l’essere circondata dal mare. Mare che in una prospettiva popolar-mediterranea contemporanea è innanzitutto luogo di balneazione. In Irlanda sembrerebbe esserlo solo in maniera residuale. L’elemento romantico delle onde schiumose è lì ad affermare l’ideale della natura matrigna nel suo agitarsi indomabile. Le scogliere da cui contemplare i cavalloni rappresentano ciascuno un set adatto per repliche frettolose di quadri di Caspar David Friedrich, pittore romantico tedesco. I cimiteri affacciati sulla risacca fungono da perenne monito alla precarietà dell’esistenza, ancor più se finiscono per essere avvolti dalla nebbia. Le guide turistiche, infine, prosaicamente mettono in guardia dal non avventurarsi nelle gelide acque del mare d’Irlanda senza una muta; quanto all’ancor più temibile Atlantico delle coste occidentali, neppure a parlarne.

Tra il quieto e il salso

E poi arriva un settembre d’una mitezza inaspettata, tanto per gli autoctoni quanto per chi è solo di passaggio. Tra questi ultimi, sono pochi i previdenti che con sè la protezione solare; certamente più numerosi i portatori di ombrelli che di ombrelloni, e qualcheduno – ben documentatosi sui settembri irlandesi sulle guide patinate – non ha neppure messo il costume da bagno in valigia. Puntando verso Keem Bay, ci si aspettava di arrivare in auto a un punto panoramico ma bigio per poi mangiarsi un tramezzino in auto, il parabrezza tamburellato dalla pioggia a frapporsi tra noi e la vista sulla costa frastagliata di Achill Island. E invece è tutto un tourbillon balneare. Nel parcheggio formale e ufficiale non sono rimasti posti liberi e la colonna dei vacanzieri motorizzati ha iniziato a risalire lungo i tornanti, sistemando i propri mezzi ufficiosamente, ossia dove capita a lato strada. Famiglie, amici e non meglio definiti gruppi di gitanti scendono verso la sabbia bianca con sporte, sedie, termos e vettovaglie varie. Nel mare turchese come da stereotipo sguazzano nuotatori improvvisatisi tali alle prime avvisaglie di sole insieme a chi già da tempo monitorava i bollettini meteo alla ricerca di uno spiraglio di bel tempo per farsi qualche bracciata.

Certo mancano i venditori di cocco, i pedalò, i campi da bocce (e mi chiedo se sia un male). Sicuramente più a sud è raro vedere pecore vista spiaggia indecise tra il brucare placide e l’osservare quella frenesia inusuale. Al netto di ciò, l’aria svagata e il vociare uniscono i bagnanti delle più svariate provenienze, con l’inquietante zampino dell’onnipresente cambiamento climatico. Vero è, dopotutto, che il mare unisce le terre che divide. E in un tuffo tra il celta e il latino, il brugo e la macchia, si celebra il rito dello sguazzo transnazionale.

Alessandro Balduzzi, 34 anni, vive a Genova. Ha cominciato il suo cammino nelle montagne bergamasche natie; e continua a camminare. È passato dai canali di Pietroburgo, dai minareti del Marocco, dal Libano in rivolta, dai ponti di una nave da crociera. Pensa di scrivere e fotografare passabilmente. Una “convintio sine qua non” che lo spinge a continuare a scattare e prendere la penna in mano. Ha collaborato con agenzie di stampa e riviste italiane, tra cui Limes. Quando sta, sta a Genova; ma, tendenzialmente, sta poco e si muove molto.