Testo di Laura Liberati/ Fotografie di Mirella Perego

Il patrimonio artistico italiano che attrae turisti da tutto il mondo è sicuramente costituito dalle grandi opere del passato, di ogni epoca (dai resti archeologici romani e pre-romani alle grandi opere moderne) spaziando dalla pittura alla scultura, dall’architettura fino ad arrivare al cinema. Ma la voglia di comunicare attraverso l’arte in Italia non finisce solo nelle esposizioni dei grandi musei o nelle basiliche e grandi piazze che troviamo nelle più conosciute città d’arte.

Abbandonate le città frenetiche e per un po’ la partita della domenica si può partire alla scoperta di località in cui si vive di arte, anche se con non poche difficoltà.

Si tratta, per esempio, di frazioni di paesini le cui pareti esterne delle case accolgono degli affreschi (l’associazione “Paesi Dipinti” ne riunisce più di 80), o borghi medievali abbandonati per un terremoto, o per il terreno poco resistente, (come Calcata vecchia o Bussana Vecchia) dove vivono artisti e artigiani sin dagli anni 50-60.

Molti di queste località sono soprannominate quasi allo stesso modo: il paese che non c’è (Furore, provincia di Salerno) o il paese fantasma (Calcata, provincia di Viterbo): è infatti un mondo conosciuto ai pochi turisti domenicali o di passaggio.

A volte giornali di tutto il mondo si sono interessati di questa o quella località, ricordandola però come caso isolato. E’ un mondo sotterraneo, ma che brulica di vita attraverso l’arte e l’espressione della creatività di artisti che vi vivono stabilmente o che sono di passaggio di lì. Un mondo sotterraneo di cui fortunatamente anche il mondo del cinema, in passato, si è accorto, scegliendolo come set di film.

Un sogno comune, un destino diverso: Bussana Vecchia e Calcata Vecchia

Una nel nord Italia, in prossimità del mare, l’altra nel centro Italia, nascosta, quasi invisibile al centro del parco del Treja, Bussana Vecchia (IM) e Calcata Vecchia (VT) sembrano avere una storia che le accomuna negli ultimi 50 anni: entrambe abbandonate per molti anni perché rese inagibili, divenute più tardi, intorno agli anni, ’60 meta di artisti di tutta Europa ed hyppies che decisero di abitarvi vivendo della loro arte e sperimentando nuovi modi di vita. Una storia che però si risolverà in un destino diverso.

A Calcata ha dedicato un servizio Giovanna Iorio (Calcata o la metamorfosi di una utopia)

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A circa 6 km a Nord est di San Remo (sulla via Aurelia, tra San Remo e Arma di Taggia) Bussana Vecchia sorge su una collina dove è impossibile entrare con l’automobile: l’unico accesso infatti è una strada stretta a doppio senso. Fu qui che intorno all’anno 1000 d.C. si rifugiarono gli abitanti della valle Amrea per difendersi dagli attacchi dei Saraceni, rendendo questa collina una piccola fortezza, dove successivamente il Conte di Ventimiglia Ottone fece costruire il castello (XIII sec.). Questo piccolo villaggio di 250 anime rimase indipendente per molti secoli finchè non fu annesso al comune di San Remo nel 1928.

La storia di Bussana cambiò radicalmente con il terremoto del 1887, che recò molti danni in una vasta zona che andava da Genova a Nizza. Bussana così venne sfollata perché dichiarata inagibile da una commissione istituita per verificare la possibilità di una ricostruzione: si ritenne erroneamente che la collina su cui sorgeva Bussana fosse in gran parte di argilla e quindi che le rovine delle chiese e i resti delle case potessero crollare da un momento all’altro. Si è visto a distanza di oltre un secolo che non è stato così, infatti molti dei resti sono ancora in piedi, anche se pericolanti, come la chiesa di Sant’Egidio e il suo campanile. I Bussanelli (così si chiamavano gli abitanti di Bussana) si trasferirono a valle costruendo Bussana Nuova.

Abbandonata per decenni da quel terribile terremoto, Bussana vecchia risorse nel 1959: l’artista torinese Mario Giani, in arte Clizia, ceramista, illustratore, pittore e scrittore, del 1923, visitando l’entroterra ligure la conobbe e se ne innamorò, al tal punto di decidere di creare qui una colonia internazionale di artisti: nel 1960 creò la comunità di Bussana Vecchia, insieme con Vanni Giuffrè (pittore siciliano), Giovanni Fronte, poeta siciliano, Arrigo Episcopo, pittore, attirando negli anni a venire artisti da tutto il mondo.

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Arrivò Elisabeth Wilmot nel 1961, scrittrice e giornalista, donna eccentrica che fece parlare di sé anche per le sue bizzarrie (celebre è l’alligatore con cui viveva in casa all’inizio del suo arrivo) e suo figlio Colin, pittore molto apprezzato che vive ancora a Bussana e ha un B&B; Helena Brugo, pittrice francese, che tutt’ora vi ritorna periodicamente dedicandosi alla decorazione di stoffe insieme a Jeanne Meilleur; Wolfgan Weiser, artista austriaco che aprì con sua moglie Jana la prima bottega artigiana a Bussana ma che è ancora molto attivo nella vita artistica londinese. E molti altri da tutto il mondo (Amsterdam, Berlino, Buenos Aires, Londra, Montreal e Quebec, New York, Parigi, San Francisco).

L’idea iniziale era di creare una comunità, lontana dalle logiche del commercio e del denaro, o ancor peggio della speculazione edilizia: era una comunità dove gli artisti vivevano della loro arte, sperimentavano e ricostruivano il villaggio con materiali di recupero, in una prospettiva ecosostenibile, all’avanguardia per quei tempi. Non c’era un’idea di occupazione come avveniva con gli “squatter” a Londra, anzi, era un “occupare” per dare nuova vita, attraverso l’arte, quindi attraverso la bellezza!

Fu l’inizio di un esperimento unico, nelle arti, con uno stile di vita nuovo”: gli artisti, con le loro manifestazioni artistiche soprattutto estive (teatro di strada, concerti all’aperto, lettura di poesie, decorazioni di strada, workshops di ceramica o di yoga e raiki) hanno dato impulso alla vita culturale e non solo di tutta la provincia di Imperia.

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Molti artisti, vivendo stabilmente o meno a Bussana, hanno poi esposto in tutto il mondo, esportando la loro arte creata a Bussana. E succede ancora adesso.

Daniel Harvey, inglese, arrivato nel ’68, scultore e artista concettuale, espone le sue opere in tutto il mondo, da Tokyo a New York, e ogni tanto torna a Bussana.

Gianna Canova, arrivata nel ’77 (quando Clizia non c’era già più, e quando “si poteva uscire anche in camicia da notte”) da Milano, pittrice apprezzata, ora vive ad Avignone dove lavora molto nel teatro, ma torna a Bussana “perché c’è parte del mio cuore, c’è casa mia, mia figlia è nata qui….”.

Maurizio Falcone, musicista, fotografo e grafico che ha creato il primo sito ufficiale di Bussana http://bussanavecchia.free.fr per “dare al paese uno spazio professionale ed una mostra permanente aperta sul mondo”; vive tra Bussana e Parigi.

E così Mirella Perego, arrivata stabilmente nel 2000, con suo marito Antonio di Michele vivono e creano proprio qui, avendo il loro studio, oltre che la loro casa, nel borgo  ma espongono i loro quadri in Italia e nel mondo.

Altri ci vivono stabilmente come Colin Wilmot, o  la pittrice tedesca Ansie Van Wel, ad esempio. Solo alcuni vanno via per alcuni mesi d’inverno.

Daniela Mercante, ceramista che a Bussana ha messo piede per la prima volta 35 anni fa, partecipando da subito attivamente alla vita della comunità, oggi solo per due mesi invernali torna a Torino, il resto dell’anno lo passa nel borgo.
Mi ha raccontato della voglia di non abbandonare Bussana, nonostante il progetto iniziale sia cambiato, e nonostante le lotte amministrative e giudiziarie che gli artisti che ci vivono, (oggi all’incirca 70), stanno affrontando da ormai 40 anni.

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Chi arriva a Bussana oggi trova ancora sicuramente solo artisti con i loro studi e le botteghe di artigiani, non ci sono negozi, e ancora vanno in giro indisturbati dei maialini, delle oche e qualche gatto, che sono della comunità. Ma trova anche piccole strutture ricettive e ristoranti, per esempio l’Osteria degli artisti (il locale più antico del borgo) o il B&B di Colin Wilmot e chi ci soggiorna può cercare di rubare un po’ di poesia a quest’artista.

Tutti concordi, i “nuovi” abitanti, nel dire che l’atmosfera iniziale è cambiata, anche se c’è un profondo rapporto umano, più diretto che tra semplici vicini di casa.

Gli artisti tentano altre strade per attirare i turisti, oltre a quella dell’arte. E lo fanno da soli, perché non hanno avuto mai aiuti dall’amministrazione: a Bussana per le strade è buio, l’unica illuminazione è quella che viene dalle case o dai locali, portata dagli artisti stessi 50 anni fa, quando hanno occupato questo borgo diroccato, con il tacito consenso delle autorità, e lo hanno cominciato a restaurare, spendendo ingenti somme di denaro. Ad oggi però non viene riconosciuto loro il diritto di usucapione che spetta a chi vive stabilmente in una casa per oltre 20 anni (loro sono lì da ormai 50!) e risultano ancora essere occupanti dal 1968, cioè da quando il comune di San Remo per la prima volta intimò di lasciare le case occupate.

Non essendo mai stata resa agibile (a differenza di Calcata Vecchia) Bussana a tutt’oggi è patrimonio storico indisponibile, proprietà del demanio, il quale vorrebbe dare al comune di San Remo il borgo in concessione, che a sua volta dovrebbe dare in concessione agli artisti che case che abitano da 35-40 anni. Il comune eventualmente lo farà se sostenuto economicamente da altri enti come la Regione o la Comunità Europea.

Visto che la battaglia è ancora in piedi, Bussana è ancora una comunità autogestita: la pulizia delle strade, la manutenzione è tutto a carico degli abitanti.

La complessa macchina burocratica e il lunghissimo iter giudiziario per veder riconosciuti i propri diritti (ben riportato nel documento “Bussana Vecchia the fate of a Village that would not die”, di Colin Wilmot e Pierre Laconte, presidente della Società Internazionale della pianificazione delle città e delle regioni) non scoraggia gli artisti: “Nonostante tutto Bussana è un esperimento ben riuscito e un successo. Ha dimostrato che rovine abbandonate e ferite possono essere trasformate in case accoglienti e che può essere creata una comunità dove la qualità della vita può essere eccezionalmente buona, in un ambiente particolarmente adatto alle esigenze di chi vi abita”, recita il documento.

Passare qui del tempo non solo è piacevole, ma contribuisce a dar vita a questo esperimento di nuova comunità, che può essere esportabile: è un segno che i villaggi abbandonati (in Italia sono circa 1600) possono avere una nuova vita.

Visitare Bussana Vecchia nei mesi estivi, dove c’è vita artistica per le strade, con eventi, corsi di pittura all’aperto, mostre e torce accese che illuminano le serate nel borgo è un’esperienza unica.

Per informazioni su come arrivare, alloggiare e avere contatti con gli artisti:

www.bussanavecchia.it

www.bussanavecchia.free.fr.

Laura Liberati

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